Sicurezza delle reti

5G, carrier Usa chiedono 5,6 miliardi di rimborsi per eliminare e sostituire Huawei e ZTE dalle reti

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Conto molto più salato del previsto quello presentato dalla FCC americana al Congresso, rispetto agli 1,9 miliardi di dollari messi a disposizione inizialmente da Washington per spingere i carrier e i service provider Usa a sostituire le tecnologie cinesi dalle reti.

Il conto da pagare per il Governo Usa per rimuovere le tecnologie cinesi di Huawei e ZTE dalle reti mobili americane sarà molto più salato del previsto. Lo fa sapere la presidente della FCC (Federal Communications Commission) Jessica Rosenworcel in una comunicazione al Congresso dello scorso 4 febbraio dove rende noto che le compagnie, ovvero i carrier di telecomunicazioni, hanno “inizialmente chiesto circa 5,6 miliardi nel quadro di rimborsi e ristori del programma Secure and Trusted Communications Networks Reimbursement Program per coprire i costi di rimozione, sostituzione, smaltimento delle attrezzature e dei servizi insicuri nelle reti americane”.

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Conto più salato del previsto

Qui la parola chiave di tutto il discorso è quell’”inizialmente”, perché la FCC aveva approvato all’unanimità nuove regole nel 2019 per trattare i fondi destinati a carrier e internet provider che avessero usato attrezzature di Huawei e ZTE, a causa dei noti e mai comprovati timori per la sicurezza nazionale. In seguito, la commissione mise in piedi un fondo di 1,9 miliardi di dollari per aiutare le aziende che volevano sostituire l’hardware “a rischio sicurezza” acquistato prima che il bando cinese entrasse in vigore.

In un documento ufficiale della FCC con le faq circa i criteri per ottenere rimborsi (scarica il documento in PDF) si legge che questi sono destinati ai “provider di servizi di comunicazioni avanzate con 10 milioni o meno clienti” che hanno acquistato attrezzature da Huawei e ZTE fino al 30 giungo 2020. Le richieste sono rimaste aperte dal 29 ottobre al 28 gennaio 2021.

5G e sicurezza, 181 richieste di rimborso dagli operatori Usa

“Abbiamo ricevuto 181 richieste da operatori che hanno sviluppato piani per rimuovere e sostituire apparecchiature nelle loro reti che rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale”, ha detto Rosenworcel. “Anche se abbiamo ancora del lavoro da fare per esaminare queste richieste, non vedo l’ora di lavorare con il Congresso per garantire che ci siano fondi sufficienti per questo programma per far avanzare gli obiettivi di sicurezza del Congresso e garantire che gli Stati Uniti continuino a fare da apripista sulla sicurezza 5G”.

In altre parole, per portare avanti concretamente la sua politica di sicurezza interna delle nuove reti 5G e poi pretendere che lo stesso venga fatto dagli alleati a livello globale, gli Usa dovranno in primo luogo mettere le mani al portafoglio in patria per ristorare i carrier, soprattutto quelli delle aree rurali del paese. Tra l’altro, è un periodo in cui i carrier Usa in generale per così dire ci provano con il Governo, come dimostra anche il caos delle presunte interferenze del 5G sulle apparecchiature di volo. Un’altra storia, che mostra però la caccia ai soldi nella industry delle Tlc in atto negli Usa (ma non soltanto) per trovare i fondi necessari da investire per le nuove reti 5G.

Di certo, non tutte queste richieste di rimborso saranno approvate ma la FCC dovrebbe rispedire al mittente quasi due terzi delle domande per ridurre i 5,6 miliardi di dollari di fondi richiesti agli 1,9 miliardi di dollari stanziati per questo programma. Un bel dilemma.

Quanto sarà disposta a pagare Washington?

La domanda a questo punto è quanto sarà disposto il governo federale ad aprire un po’ di più i suoi cordoni della borsa per coprire i costi di affrontare la minaccia alla sicurezza nazionale che poi dovrà essere anche trasferita e esportata a macchia d’olio verso tutti gli alleati. E qui si potrebbe aprire un altro capitolo, ovvero quanto sarebbe disposto a mettere sul piatto l’Italia e quanto sarebbero disposti a fare gli altri alleati degli Usa, per assecondare questa vision?

Quel che è certo è che nella Ue ci sono diverse scuole di pensiero rispetto ai fornitori cinesi: da un lato, l’intransigenza della Svezia, dall’altro l’atteggiamento più elastico della Germania.

La Ue troverà una sintesi sulla sicurezza delle reti 5G?

Vedremo.