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5G, asta frequenze in arrivo. I nodi da sciogliere

Il Governo sta per mettere a gara le frequenze per il 5G, che serviranno a ridefinire l’assetto del mercato. Il modo in cui saranno stabiliti i criteri per l’assegnazione delle frequenze avrà un impatto sullo sviluppo della nuova infrastruttura e sulla concorrenza nel mercato delle Tlc.

Oggi un articolo del Sole 24 Ore anticipa la norma sull’asta frequenze al vaglio del MEF. Il governo, secondo il Sole 24 Ore, si attenderebbe un incasso lordo complessivo di 3 miliardi 250 milioni di cui 1,25 miliardi nel 2018, all’assegnazione, e 2 miliardi nel 2022 quando le frequenze saranno concretamente nella disponibilità degli operatori aggiudicatari, con diritto d’uso ventennale. Sarebbero previsti inoltre indennizzi per 730 milioni ai broadcaster.

A gara andranno le bande di spettro 3.6-3.8 Ghz (già utilizzate per la sperimentazione del Mise in atto in cinque città italiane) e 26.5-27.5 Ghz mentre sarà fissata la ridestinazione delle frequenze in banda 700 MHz. Si prevede da parte dell’Agcom, entro il 31 marzo 2018, la messa a punto delle procedure di gara, poi il Mise dovrà assegnare le frequenze entro il 30 settembre 2018, con disponibilità dal 1° luglio 2022.

In attesa di consultare la norma ufficiale, non è chiaro se la disponibilità a partire dal 1° luglio 2022 valga soltanto per i 700 Mhz (che saranno comunque occupati fino a quella data dai broadcaster) o anche per i 3.6-3.8 Ghz usati già oggi per la sperimentazione del Mise (che durerà 4 anni) e magari del 26,5-27,5 Ghz, che in linea teorica potrebbero essere liberati prima. Non è chiaro nemmeno quanti Mhz di spettro saranno messi a gara.

I nodi da sciogliere 

I nodi da sciogliere per gli operatori, che probabilmente non saranno risolti prima della fissazione delle procedure di gara da parte dell’Agcom, riguardano in primo luogo la dimensione dei lotti a gara: la definizione di lotti di piccola dimensione (5-10 Mhz, come fatto già in altri paesi) è la soluzione preferita e considerata fondamentale per garantire l’ingresso nel mercato del maggior numero possibile di soggetti.

I nuovi entranti chiedono di prevedere una riserva di alcuni blocchi di risorse frequenziali in base a un criterio di proporzionalità rispetto all’entità totale dei lotti, necessaria per facilitare l’ingresso di nuovi operatori nel mercato.

Il modo in cui saranno affrontati questi snodi sarà determinante per consentire l’ingresso di nuovi operatori nel mercato, il che rappresenta la miglior garanzia per la rapida costruzione delle reti 5G.

Un altro aspetto di cui tenere conto è che gli operatori già attivi sulle reti mobili hanno appena concluso gli investimenti sul 4G e non hanno fretta di realizzare nuove reti, in attesa di monetizzare al meglio il 4G. Inoltre, gli operatori  mobili (Tim, Vodafone, Wind e 3) hanno già versato l’anno scorso circa 2 miliardi per il rinnovo decennale dei diritti d’uso in scadenza a giugno 2018 delle frequenze in banda 900 e 1800 Mhz.

L’orizzonte temporale dei diritti d’uso delle frequenze è un altro tema considerato cruciale per l’attrattiva, la continuità e la pianificazione degli investimenti. Ad esempio oggi ci sono operatori (Tiscali e Linkem) che stanno utilizzando le frequenze in banda 3.4–3.6 Ghz in maniera ibrida (tecnologia LTE fixed wireless e 5G). La scadenza della licenza per queste frequenze è fissata al 2023.

Garantire la proroga di queste frequenze – come è già stato fatto appunto con la Legge di stabilità 2017 per quelle della banda 900 Mhz e 1800 Mhz – è altrettanto essenziale per rimuovere l’incertezza per gli investitori che già oggi stanno sfruttando risorse scarse per la realizzazione del 5G.

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