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eCommerce: nella Ue vendite ancora frenate da pratiche anticoncorrenziali

La Commissione europea ha pubblicato i risultati di un’indagine sul commercio elettronico avviata nel maggio 2015 nell’ambito della strategia per il mercato unico digitale. Da questa indagine, oltre alla conferma della crescita del commercio elettronico nella Ue, si evince come sussistano ancora troppe pratiche commerciali che incidono negativamente sulla concorrenza e sulle scelte dei consumatori.

Compito dell’antitrust europeo e scopo dell’indagine, oltre che di individuare eventuali problemi di concorrenza sui mercati europei del commercio elettronico, è quello di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze delle aziende che “devono essere libere di determinare le proprie strategie di vendita online” e quelle dei consumatori, che non devono subire pratiche commerciali anticoncorrenziali che impediscono loro “di beneficiare appieno dei vantaggi offerti dal commercio elettronico in termini di maggiore scelta e prezzi più bassi”, ha detto il Commissario antitrust Margrethe Vestager.

I risultati

Nel 2015 oltre la metà dei cittadini adulti dell’UE ha ordinato beni o servizi online e in alcuni Stati membri il numero sale a più di otto su dieci. Ampliando le scelte dei consumatori e la loro capacità di trovare le offerte migliori, il commercio elettronico è un importante stimolo alla trasparenza e alla concorrenza sui prezzi. La trasparenza vale anche sul versante dell’offerta: la relazione rileva, ad esempio, che oltre la metà dei venditori al dettaglio segue i prezzi dei concorrenti e la grande maggioranza reagisce alle loro variazioni di prezzo.

La relazione individua anche alcune pratiche commerciali che possono limitare la concorrenza online. La relazione dovrebbe costituire un incentivo per le imprese a rivedere i loro contratti di distribuzione in corso, e a conformarli, se necessario, alle norme dell’UE in materia di concorrenza.

Vendita online di beni di consumo

I produttori hanno reagito alla crescita del commercio elettronico adottando una serie di pratiche per controllare meglio la distribuzione dei loro prodotti e il posizionamento dei loro marchi. Si è diffuso il ricorso a sistemi di distribuzione selettiva in cui i prodotti possono essere venduti soltanto da rivenditori autorizzati preselezionati e sempre più spesso i produttori vendono i loro prodotti direttamente ai consumatori online.

Inoltre, i produttori applicano sempre più spesso restrizioni contrattuali delle vendite nei loro accordi di distribuzione. Riguardo ai venditori al dettaglio, la relazione constata che:

oltre due su cinque ricevono dai produttori una qualche forma di raccomandazione o di restrizione sui prezzi;

circa uno su cinque è soggetto a restrizioni contrattuali per la vendita sulle piazze online;

circa uno su dieci è soggetto a restrizioni contrattuali per l’offerta di siti di comparazione dei prezzi;

oltre uno su dieci riferisce che i suoi fornitori impongono restrizioni contrattuali alle vendite transfrontaliere.

In linea generale, questi tipi di restrizioni contrattuali delle vendite possono, in determinate circostanze, ostacolare gli acquisti transfrontalieri e gli acquisti online e, in pratica, danneggiare i consumatori, impedendo loro di beneficiare di una scelta più ampia e di prezzi più bassi nel commercio elettronico.

Contenuti digitali

La disponibilità di licenze da parte dei detentori di diritti d’autore sui contenuti è essenziale per i fornitori di contenuti digitali e rappresenta un fattore determinante per la concorrenza sul mercato.

La relazione rileva che gli accordi di licenza sui diritti d’autore sono complessi e spesso esclusivi. Tali accordi stabiliscono quali territori, tecnologie e finestre di distribuzione possono utilizzare i fornitori di contenuto digitale.

Nel marzo 2016 la Commissione ha pubblicato i primi risultati sulla questione del geoblocco, che è risultata essere una pratica ampiamente diffusa nel commercio elettronico in tutto il territorio dell’Unione, soprattutto per quanto riguarda i contenuti digitali. Oltre il 60% degli accordi di licenza presentati da titolari di diritti è limitato al territorio di un unico Stato membro. Quasi il 60% dei fornitori di contenuto digitale che hanno partecipato all’indagine ha convenuto contrattualmente con i titolari dei diritti di applicare il geoblocco.

Se è il risultato di accordi tra fornitori e distributori, il geoblocco può limitare la concorrenza nel mercato unico in violazione delle norme antitrust dell’UE. Per adottare provvedimenti in ambito di concorrenza nei confronti del geoblocco, occorre effettuare una valutazione caso per caso, che comprenda anche un’analisi delle possibili giustificazioni delle restrizioni individuate.

Prossime tappe

La relazione preliminare è stata sottoposta a una consultazione pubblica per un periodo di due mesi. Le parti interessate sono invitate a presentare osservazioni sui risultati dell’indagine settoriale o informazioni complementari e a sollevare ulteriori questioni.

La Commissione prevede di pubblicare la relazione finale nel primo trimestre del 2017.

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