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10 priorità regolatorie per gli operatori Tlc e le Authority

Le app di instant messaging come Skype e WhatsApp hanno eroso il 20-30% del valore delle telco, ma i regolatori europei non cedono all’evidenza dei fatti e continuano a porre nuove regole alla industry. E mentre le richieste di un Level playing field alla pari con gli OTT continuano a non essere raccolte dai regolatori, prosegue l’emorragia fiscale degli stati nazionali e il 99% del traffico finisce fuori dai paesi dove viene generato. I business model in vigore oggi non consentono agli operatori di recuperare il cash flow necessario né di allearsi con i content provider locali, per competere con i giganti della Silicon Valley. Questo in sintesi il punto di vista della società di analisi Strand Consult, che ha sintetizzato in 10 punti le maggiori sfide regolatorie dell’industria delle Tlc.

  1. Come definire la posizione dominante. La concorrenza infrastrutturale è importante, ma la concorrenza tecnologica è Chi ha mai previsto la concorrenza che gli operatori mobili e via cavo avrebbero fatto al mercato del DSL fisso?
  2. La policy sullo spettro. In che modo i regolatori possono lavorare con un orizzonte di lungo periodo se è impossibile sapere se le loro decisioni saranno corrette. Un’analisi ancor più complessa anche perché l’evoluzione tecnologica è imprevedibile. Inoltre, diversi paesi hanno regole diverse, il che rende il processo di armonizzazione e di acquisizione dello spettro difficile.
  3. Il tempo stringe. I regolatori hanno poco tempo per verificare se le decisioni prese in passato sono state corrette. I processi decisionali raramente consentono di avere il tempo necessario per esprimere giudizi informati. I tempi stretti sono dettati dalla politica, il regolatore deve decidere spesso con elementi informativi incompleti o contraddittori rispetto agli obiettivi.
  4. Carenza di informazioni. Anche quando il regolatore ha tempo per decidere, è difficile ottenere le informazioni giuste che includano il costo dei dati, della qualità dei dati e dell’accesso ai dati. Resta poi da vedere se il regolatore abbia o meno le capacità di giudicare e interpretare i dati.
  5. Conseguenze impreviste delle decisioni assunte. Pur in buona fede, convinti di fare la cosa giusta, i regolatori possono prendere delle decisioni che hanno conseguenze latenti impreviste. Un esempio lampante riguarda i rimedi per le fusioni. Se A si fonde con B, il regolatore insiste sul fatto che C ottenga qualche tipo di rimedio, ma gli attori D, E e F non ottengono nulla. Questo rimedio divenda un benefit immeritato per C e una punizione o meglio un danno per D, E e F che quindi soffriranno di una barriera artificiale all’entrata. I regolatori possono facilmente distorcere la concorrenza nel breve, medio e lungo periodo.
  6. Il ruolo della tecnologia. Molti regolatori sono entrati in carica prima che cominciasse la trasformazione digitale. Altri hanno un background di studi in giurisprudenza, con scarse competenze tecnologiche. Se hanno studiato economia, probabilmente hanno in mente la concorrenza perfetta, che non esiste nel mondo reale. Molti quindi non hanno gli strumenti per comprendere la convergenza e per questo si rifugiano nell’applicazione di regole e paradigmi tradizionali a mercati che invece sono dinamici.
  7. Dominare i dettagli tecnici e microeconomici dei segmenti di mercato. I regolatori dovrebbero conoscere una serie infinita di dettagli sulla differenza che intercorre fra consumatori, aziende, mercati wholesale e i vari scambi fra questi diversi mercati. Una quantità di informazioni enorme, impossibile da dominare in toto. Il che incide sulle loro decisioni.
  8. La politicizzazione della regolazione. I regolatori sostengono di voler prendere decisioni apolitiche e indipendenti per una regolazione oggettiva, ma in realtà la regolazione è fortemente soggetta a influssi e pressioni di ogni genere, e si deve destreggiare fra politica, incumbent, nuovi entranti, attivisti.
  9. I leader politici non capiscono la industry delle Tlc e spesso minano l’indipendenza del regolatore. Troppe decisioni vengono prese non in base alle corrette informazioni e conclusioni di cui dispone il regolatore, ma in base agli obiettivi della politica che spesso sono contrari alle buone pratiche. Ad esempio, la politica impone al regolatore di diminuire il prezzo di accesso al rame per soddisfare le richieste dei rivenditori, riducendo così l’incentivo a nuovi investimenti in infrastrutture alternative, deviando così involontariamente dall’obiettivo comune di realizzare reti di prossima generazione.
  10. Il regolatore non riesce a calcolare in modo corretto il valore della collaborazione fra stato, regione e comuni per rendere meno costosa la realizzazione delle nuove reti mobili. Gli operatori restano indietro con i lavori, perché non riescono ad ottenere i permessi per costruire i nuovi network. In questo caso i regolatori possono fare poco, senza il sostegno della politica centrale e locale.
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