Ultrabroadband

Ecco come l’Italia potrebbe conquistare il primato della banda ultralarga in Europa

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La fibra in Italia non decolla, ma c’è un brevetto italiano, realizzato dal professor Vatalaro a Tor Vergata, che valorizza il Vectoring. Cosa aspettiamo?

Come è noto l’Italia della banda ultralarga arranca.

Siamo nelle ultime posizioni nella classifica europea, con un’offerta di infrastruttura insufficiente e con un contesto di mercato che vede le aziende (al di là dei chiassosi annunci) in difficoltà di investimento nella fibra a causa dell’alto rischio e dei ritorni economici su tempi molto lunghi.

Il governo sembra incerto sul da farsi (non emerge ancora una vera e propria strategia di lungo periodo del settore), gli operatori di tlc tradizionali appaiono disorientati, il caso anomalo di Metroweb ha congelato tutti senza portare a oggi ad alcuno sblocco, l’ingresso di ENEL nelle partite di posa della fibra ha aggiunto ulteriore entropia abbassando il livello di comprensione sulle vicende del settore.

Nel frattempo le delibere CIPE e lo spostamento di dotazioni di fondi europei hanno reso disponibili alcuni miliardi da investire nella posa della fibra nei Cluster C+D (quelle a scarsa vocazione di mercato) che sono stati inseriti nel Piano BUL sottoposto alcuni giorni fa alla Commissione Europea e che (speriamo) verrà approvato a breve.

In tal caso avremo, nella migliore delle ipotesi, 17-19 milioni di italiani potenzialmente serviti da fibra (nei Cluster C+D). Resta da vedere cosa faranno di questa importante offerta di connessione a internet i residenti di quelle aree, se saranno realmente interessati o rimarranno del tutto indifferenti.

Il rischio è infatti quello di avere autostrade di fibra che non avranno alcun (o scarso) appeal sui consumatori e che rimarranno magari a lungo inutilizzate.

La stessa cosa sembra stia avvenendo nelle aree urbane e metropolitane, dove l’offerta di fibra non riesce a sfondare. Altro che Netflix come killer application della fibra…lo streaming viaggia bene anche nei budelli di banda.

Chiariamo una cosa: tutti vogliamo la fibra, perché è indispensabile, è sexy, è il futuro.

Ma la fibra costa e al momento ha ritorni economici sconfortanti.

Solo due settimane fa Nomura ha ridotto il Target Price di Telecom Italia da 1,02 euro a 0,74 euro e sapete perché?

Perché, secondo Nomura, il gruppo Telecom Italia “…alza le spese per investimenti per il progetto della fibra, che è a basso ritorno”.

Ma è del tutto evidente che si tratti di un quadro di considerazioni che riguarda tutti i soggetti del mercato italiano.

E allora come uscire da questa situazione?

Come gestire la fase di transizione che ci deve traghettare dallo stato attuale ad un paese interamente connesso alla rete in fibra?

Come attrezzarsi in quest’arco di tempo di passaggio dal rame alla fibra, che prenderà ragionevolmente diversi anni?

Potrebbe esserci una risposta positiva a tutti e tre i quesiti.

Si tratta di una opportunità che consentirebbe di costruire una infrastruttura efficiente, ancorché transitoria, fondata sull’incontro tra domanda e offerta di banda su performance molto alte (100 Mbit/s e oltre, con continuità di prestazione, oltre che con un livello di interferenze del tutto irrisorio) e con investimenti da parte del solo mercato assai limitati e, comunque, sostenibili, e quindi anche con prezzi al consumo bassi.

E’ un’opportunità che potrebbe creare una nuova domanda, al momento molto debole, alla quale offrire lo switch da rame a fibra in seguito, tra qualche anno, una volta legittimati consumi e servizi su una soglia di prestazioni ben più elevata rispetto a quella deludente disponibile oggi.

Proprio ieri il prof. Maurizio Décina ha accennato a questa possibilità, riferendosi ad una incoraggiante ricerca del Politecnico di Milano.

Forse si può andare oltre.

La soluzione concreta risiede in un brevetto tutto italiano, depositato presso le autorità italiane agli inizi dello scorso ottobre 2015 e frutto del lavoro di oltre un anno di un gruppo di ricerca dell’Università di Roma Tor Vergata guidato dal prof. Francesco Vatalaro.

Si chiama SBV (Sub Band Vectoring) si presta a realizzare la copertura a 100 Mbit/s e oltre nel 70% dei Cluster A+B, con affidabilità, costanza di prestazione e un livello di interferenze del tutto fisiologico. Si tratta di risultati registrati in valutazioni di laboratorio nel rispetto dei parametri tecnici della rete di trasmissione italiana. La copertura del 70% a 100 Mbit/s è stata infatti accuratamente calcolata con estensive simulazioni sulla base dei dati reali della rete di Telecom Italia nei Cluster A+B che nel complesso interessano oltre il 60% della popolazione italiana, ossia oltre 35 milioni di cittadini.

Quattro settimane fa i risultati oggetto del brevetto sono stati presentati anche al tavolo tecnico allestito presso l’AGCOM sui temi del MOV (Multi Operator Vectoring) a cui partecipano tutti gli operatori italiani.

Parallelamente, appena 10 giorni fa il caso è stato sottoposto all’attenzione del Sottosegretario Antonello Giacomelli, dal quale è legittimo aspettare un riscontro.

Cosa potrebbe fare il Governo italiano?

Testare e promuovere questa soluzione, le cui prime verifiche in laboratorio hanno confermato le aspettative, consentirebbe di assicurare al Paese una transizione verso la fibra senza “buchi neri”. E senza aspettare Godot, l’Italia potrebbe balzare in testa ai ranking tra i Paesi che hanno colto in anticipo e appieno gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea.

Cosa potrebbe fare l’AGCOM?

Approfondire la fase di studio che ha già promosso, per verificare la sussistenza di tutti quei requisiti che permettono al brevetto dei ricercatori dell’Università di Roma Tor Vergata di realizzare quel modello di MOV suggerito dalla UE all’Autorità italiana.

Cosa potrebbero fare gli Operatori?

Assecondare una fase di transizione con lo sfruttamento dell’infrastruttura in rame per qualche anno, senza abbandonare alcuno dei piani di sviluppo della fibra, ma diluendo gli investimenti ed allineandoli alla ragionevole dinamica dei ritorni sull’investimento. Una volta creata una nuova domanda assestata su un livello di prestazione e di ampiezza di banda molto alti, a quel punto sarà più agevole offrire il passaggio dal rame ad alte prestazioni alla fibra che le alte prestazioni le ha per default.

Cosa potrebbero fare i Consumatori?

Apprezzare l’opportunità di avere tanta banda in più a prezzi ragionevolmente bassi: poco di più rispetto ai costi attuali, a fronte di prestazioni su rame del tutto ragguardevoli.

Per concludere, siamo in difficoltà sull’infrastruttura, ma all’orizzonte si intravede una soluzione di transizione, efficace, efficiente, già pronta e, cosa di non poco rilievo, tutta italiana.

Ne sono al corrente il Governo, l’AGCOM, gli Operatori.

Sembra che ci siano tutti gli ingredienti perché il Paese, con una soluzione studiata in una delle sue prestigiose università, faccia un grande balzo in avanti, risalga tutti i ranking europei, raggiunga gli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea, contraddica le più cupe previsioni di tutti i gufi di turno.