Il dibattito

Web e fisco. Seminario ISIMM ‘Servizi digitali ed eCommerce: profili fiscali e regole di mercato’

di |

Organizzato a Roma dall’ISIMM il seminario ‘Servizi digitali ed eCommerce: profili fiscali e regole di mercato’. Aziende e politica a confronto.

Non riguarda soltanto le grandi web company Usa, ma il problema dell’elusione fiscale delle multinazionali (pratica del tutto legale) esiste eccome e riguarda non solo l’Europa ma anche gli Stati Uniti. Un problema, quello dell’elusione in paesi che garantiscono aliquote fiscali più favorevoli (Irlanda in primis), che deve essere risolto dalla politica, perché il confronto-scontro fra telco europee e OTT (Google, Facebook e Amazon fra gli altri) sul terreno della fiscalità rischia di rallentare lo sviluppo dell’economia digitale nella Ue.

A novembre Francesco Boccia (vai all’articolo), presidente della Commissione Bilancio della Camera, propose l’introduzione della cosiddetta ‘web tax’, (proposta di legge n.1662 del 2013, entrata parzialmente in vigore il 01.01.2014 con la Legge di stabilità 27 dicembre 2013, n. 147). Web tax, termine infelice per ridefinire i criteri di tassazione delle multinazionali estere, affinché paghino le tasse nel paese dove producono valore. All’epoca, il provvedimento fu bloccato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi.

Ma il problema resta aperto e di questo si è parlato ieri al seminario ‘Servizi digitali ed e-commerce: profili fiscali e regole del mercato’ organizzato a Roma dall’ISIMM. Alla tavola rotonda Contenuti, Servizi e Mercato’ moderata dal direttore di Key4biz Raffaele Barberio, hanno preso parte Diego Ciulli, senior policy analyst di Google Italia, Laura Bononcini, Head of Public Policy di Facebook Italia, Michelangelo Suigo, Direttore Public Affairs di Vodafone Italia, Giovanni Venditti, Legal Affairs di Telecom Italia, Stefano Selli, Direttore Relazioni Istituzionali Italia di Mediaset, Francesco Boccia (Pd), presidente della Commissione Bilancio della Camera, Anna Cinzia Bonfrisco (Fi), membro della Commissione Bilancio del Senato.

 

Web tax? Meglio equality tax

La web tax non nasceva con l’intento di tassare il web – ricorda Suigo – ma semmai si doveva parlare di ‘equality tax’ in modo da correggere il quadro dei rapporti fra web company, telco e settore Media. Gli OTT devono fare la loro parte e rispettare le stesse regole su Privacy, sicurezza e interoparibilità cui sottostanno le telco.

Sgomberare il campo da equivoci

 

E’ bene ricordare che gli OTT le tasse le pagano, ma che come molte multinazionali di altri settori, molto spesso lo fanno individuando meccanismi di elusione, del tutto legittimi, che sottraggono imponibile ai paesi in cui generano fatturato e utili. La soluzione del problema, secondo gli esperti, non può arrivare dall’OCSE, ma semmai dalla politica e in particolare dalla Ue, dove però in materia di fiscalità ogni decisione deve essere presa all’unanimità. Sembra un vicolo cieco: mettere d’accordo i 28 stati membri sembra alquanto improbabile.

Laura Bononcini (Facebook): ‘Questione complessa, confidiamo nell’OCSE’

 

‘La questione della fiscalità è complessa e non tocca soltanto il settore del digitale, ma tutta l’economia – dice Laura Bononcini, Head of Public Policy di Facebook Italia – Non ci sono più imprese digitali e non, il dibattito va oltre l’economia digitale. Chi sta analizzando la situazione in maniera sistematica è l’OCSE, che ha appena pubblicato 7 raccomandazioni. Bisogna ora aspettare l’analisi di altri 8 punti per esprimere un giudizio. L’obiettivo dell’OCSE è riallineare i livelli di tassazione tenendo conto delle nuove fonti di creazione del valore. Bisogna trovare il giusto equilibrio. Di certo, non si può pensare una riforma fiscale che riguardi soltanto il digitale. Possibili soluzioni sono l’introduzione di vincoli fiscali laddove viene creato valore. Introdurre un quadro di prevedibilità e stabilità, che dia certezza del diritto alle aziende e alle istituzioni. Coerenza fiscale fra settori di produzione diversi e trasparenza”. 

 

Giovanni Venditti (Telecom Italia): ‘Riallineare il quadro competitivo’

La necessità di riallineare il quadro competitivo dell’economia digitale è il primo punto secondo Telecom Italia. In questo senso, a livello Ue, è in corso la revisione della normativa sulla Privacy a livello comunitario. ‘E’ opportuno estendere la normativa sul trattamento dei dati dei cittadini Ue che finiscono all’estero – dice Giovanni Venditti, Legal Affairs di Telecom Italia – perché un ‘level playing field’ in termini di utilizzo dei dati dei consumatori al momento non c’è. Eppure, è sul ‘bene–dati personali’ che si verificano le maggiori asimmetrie ed è per questo che si auspica una sorta di ‘ius soli’ per l’utilizzo dei dati personali’.

 

Michelangelo Suigo (Vodafone): ‘Servono regole uguali per tutti’

 

Il tema delle reti e degli investimenti per la loro realizzazione è fondamentale per Michelangelo Suigo, Direttore Public Affairs di Vodafone Italia: ‘Bisogna sempre ricordare l’importanza della realizzazione di reti in fibra e 4G – dice Suigo – Noi operatori facciamo la nostra parte’.

‘Non è tempo di guerre di religione fra telco e OTT – aggiunge Suigo – ma pensando a come funziona in autostrada, dove i mezzi pesanti come i Tir pagano pedaggi più alti perché occupano più spazio, mi chiedo perché lo stesso principio non debba valere anche per le reti di telecomunicazione. Per ora, però, per le reti pagano soltanto gli operatori, eppure negli Usa nell’orario di punta il 70% del traffico è generato da Netflix. Ma le regole dovrebbero essere uguali per tutti: si parla tanto di net neutrality, ma si dovrebbe parlare anche di service neutrality. Se gli OTT offrono servizi voce dovrebbero sottostare alle stesse regole valide per le telco. Ma per ora non è così’.

 

 

Diego Ciulli (Google): ‘L’economia digitale non esiste’

 

Il quadro sulla fiscalità è molto complesso anche per Google Italia. ‘I temi principali dal nostro punto di vista si possono sintetizzare in due quesiti – dice Diego Ciulli senior policy analyst di Google Italia – Il primo, esiste l’economia digitale quando si parla di tassazione? Esistono le multinazionali del web? La risposta a entrambi i quesiti è no, perché il 75% del valore creato nel digitale resta in settori che non sono digitali. L’economia digitale non esiste e credo che un inasprimento delle norme fiscali in Italia colpirebbe soprattutto le aziende italiane. Google ha sempre promosso il dibattito sulla fiscalità, è nostro interesse che ci sia un quadro chiaro. Ricordo che Google paga l’IVA in Italia e che tutti i nostri clienti pagano l’IVA in Italia”.

Ciulli passa poi ai numeri di Google. ‘L’aliquota media che Google paga a livello globale è pari al 20%, a fronte della media della tassazione OCSE pari al 21% – dice – Noi in Italia paghiamo un’aliquota fiscale uguale agli altri. La maggior parte delle tasse di Google sono pagate negli Usa, dove creiamo la maggior parte del valore. I nostri ingegneri sono nella Silicon Valley non alle Cayman’.

 

In Italia, Google è ormai fra i primi player sul mercato pubblicitario insieme a Mediaset e Rai. ‘Google paga in media il 20% in tasse in Europa, percentuali analoghe vengono pagate da tante altre multinazionali di diversi settori come Telefonica, Heineken, Sanofi – ribadisce Ciulli – a livello Ue, non esiste una politica fiscale unitaria. Ma questo è un problema della Ue e non di Google’.

 

Stefano Selli (Mediaset): ‘Ripensare la leva fiscale per gli OTT’

 

Ma quanto fattura Google in Italia? Quanto paga di tasse nel nostro paese?. ‘Il problema esiste e non viene sollevato – dice Stefano Selli, Direttore Relazioni Istituzionali Italia di Mediaset – Il tema fiscale, come la proprietà intellettuale, è uno dei tanti fonte di polemica per quanto riguarda gli OTT. Nessuno pretende un regime fiscale ad hoc per Google & Co. Ma il problema va a toccare un vantaggio competitivo per un soggetto già fortissimo, con una capacità mediatica enorme. C’è poi una tendenza a pensare che gli OTT e Netflix in particolare distruggeranno il mercato televisivo. Non è così. La Tv esiste ancora’.

Un ragionamento sulla leva fiscale, però, va fatto. ‘Acquistando prodotti da Amazon in Italia sulla fattura non si paga l’IVA – dice Selli – Eppure, in Italia l’IVA si paga. La direttiva sull’eCommerce è quella dietro la quale gli OTT si nascondo. E’ importante che questo aspetto venga valutato nella sua reale portata’.

 

Il punto di vista della politica

 

Da un anno si parla di fiscalità in Europa – dice Anna Cinzia Bonfrisco (Fi), membro della Commissione Bilancio del Senato – la competizione fiscale ha fatto male ad esempio alle banche, oltre che alle telco. L’uso sofisticato di strumenti finanziari per eludere le tasse merita una profonda analisi giuridica. Condividiamo l’iniziativa dell’onorevole Boccia, d’altra parte Fi è da sempre refrattaria alle tasse. L’avanzata degli OTT ha fatto perdere terreno all’Italia sul terreno delle reti. Il tema dell’elusione fiscale va chiarito a livello europeo’.

 

Francesco Boccia (Pd): ‘La nostra intelaiatura fiscale va cambiata’

Ma cosa è cambiato dall’autunno scorso, quando Francesco Boccia (Pd), presidente della Commissione Bilancio alla Camera presentò la web tax? ‘’Di certo c’è una maggior consapevolezza sul tema – dice Boccia – ci sono dei numeri certificati dalla Repubblica italiana e dall’Agenzia delle Entrate. Io all’epoca ho forzato la situazione, ma occupandomi di economia e finanza ho sempre sperato di costruire un fisco equo, ed è per questo che definirei la norma come ‘equality tax. Mi aspetto che il presidente del Consiglio Matteo Renzi riprenda in mano la questione’. (Vai all’articolo).