La sfida

Vivendi, streaming tallone d’Achille nella sfida a Netflix

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Da anni la compagnia francese tenta di sfondare nei servizi in streaming ma con risultati poco gratificanti. Con Mediaset sarà la volta buona?

La concorrenza sul mercato europeo dell’audiovisivo si è ormai spostata sui servizi in streaming.

Non a caso il cuore dell’accordo tra Vivendi e Mediaset, annunciato venerdì scorso, è proprio quello di avviare una “partnership industriale“, come si legge nel comunicato dell’azienda francese, per “creare una piattaforma globale OTT di tv via internet“.

Il servizio potrebbe essere operativo già da settembre, visto che Vivendi è già al lavoro e sta stringendo accordi con diverse telco.

Chiaramente si tratta di lanciare un servizio di video on-demand illimitato a pagamento, il cosiddetto SVOD, per competere con Netflix.

La compagnia americana ha già rilanciato e questa settimana ha presentato a Parigi tutta la nuova programmazione, puntando come sempre con forza sulle produzioni originali.

“Vivendi e Mediaset non ci fanno paura“, ha detto senza mezzi termini il Ceo Reed Hastings.

Il progetto SVOD di Vivendi non è un’idea nuova.

Già un anno fa il presidente Vincent Bolloré aveva annunciato di voler lanciare servizi on-demand pay in nuovi Paesi.

Più facile a dirsi che a farsi.

Concorrere con Netflix non è così semplice.

E’ da almeno cinque anni che Vivendi e la sua pay tv Canal+ stanno battendo questa via ma i risultati finora sono stati poco soddisfacenti.

CanalPlay è stato lanciato in Francia nel 2011. Il picco è stato raggiunto a settembre 2015 con 770 mila abbonati che sono poi scesi a 613 mila a fine dicembre e adesso sarebbero addirittura 500 mila.

Il motivo potrebbe essere che da settembre il servizio non è più offerto con il pacchetto di SFR che ha preferito lanciarne uno proprio, Zive.

Anche in Canada, dove l’offerta è stata lanciata nell’autunno del 2013, non è stata un successo.

In cantiere c’era anche il lancio in Giappone ma al momento non se ne sa nulla.

Successivamente Vivendi ha lanciato a gennaio 2013 un servizio in Germania, Watchever, ma anche questo non ha prodotto notevoli risultati.

Secondo Le Figaro, il numero degli abbonati è inferiore ai 300 mila, cioè ancora meno rispetto a due anni fa.

Il fatturato poi è diminuito del 38% nel 2015, scendendo a 16 milioni di euro.

Le perdite sono notevoli: 135 milioni di euro cumulate tra il 2013 e il 2014.

Così pesanti da spingere Vincent Bolloré due anni fa a dare mandato alla banca Merrill Lynch di trovare un acquirente.

Non si è fatto avanti nessuno, per cui Vivendi ha avviato un piano per correre ai ripari e raggiungere il break-even nel 2015.

Taglio delle spese di marketing anche perché l’arrivo di Netflix ha aiutato a diffondere la conoscenza dei servizi in streaming; riduzione degli investimenti in diritti tv e pagamenti non più a forfait ma rapportati alla visione effettiva dei contenuti trasmessi. E infine l’avvio di sinergie con le altre controllate di Vivendi: Watchever è al momento l’unica piattaforma a proporre i concerti dei cantanti della major discografica Universal, o le serie tv di Canal+ come ‘Les Revenants’.

Il mercato tedesco è però molto competitivo con cinque player: oltre a Watchever sono presenti Netflix, Amazon, Sky e Maxdome di Pro7.

Ma Watchever cerca di differenziarsi offrendo contenuti originali, come i cartoni animati giapponesi o serie europee che sono molto apprezzati, e sta già lavorando per lo sbarco in Austria.

Basterà per mettere all’angolo Netflix?

La compagnia americana non sembra intimorita: “Speso vediamo questo tipo di reazione sui mercati dove i player si sentono minacciati dal nostro arrivo. Ma questo non ci interessa. Noi siamo Netflix“, ha sottolineato il Ceo Hastings.

Bolloré dovrà dare grande prova di sé. Staremo a vedere.