Il CDA

Telecom Italia-Metroweb: nessun veto del Governo

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L’obiettivo principale dell’esecutivo resta recuperare il gap digitale. L’accelerata decisiva dovrebbe arrivare dal Piano Nazionale Banda Ultra Larga e Crescita Digitale, la cui consultazione termina domani (il 30 aprile il termine per presentare i piani) e che prevede investimenti per 6 miliardi di euro pubblici e 2 miliardi privati.

Stando alla nota ufficiale rilasciata nella tarda serata di ieri, il cda prenatalizio di Telecom Italia, si sarebbe limitato a modificare la procedura per le operazioni con parti correlate – escludendo, tra le varie cose, dall’applicazione del Regolamento Consob le operazioni infragruppo e allineando la soglia di maggiore rilevanza a quella prevista dal Regolamento Consob (5%). Sul tavolo del Cda, che si è prolungato per tutto il pomeriggio, ci sono stati però anche altri temi ‘caldi’: dall’analisi delle linee guida del piano industriale – che sarà presentato a febbraio e che l’ad Marco Patuano ha definito ‘evolutivo’ e con più investimenti – ai dossier Metroweb e Brasile.

Il primo è stato peraltro tra i diversi temi al centro dell’incontro, nei giorni scorsi a Palazzo Chigi, tra il vice-segretario generale alla Presidenza a Palazzo Chigi, Raffaele Tiscar, il sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, il presidente della CDP (e presidente di Metroweb), Franco Bassanini e i consulenti governativi, Andrea Guerra e Yoram Gutgeld.

Fonti del Mise spiegano che il Governo non sarebbe affatto ostile all’acquisizione della quota di controllo di Metroweb – attualmente in mano al fondo F2i – da parte di Telecom Italia, fermo restando che l’obiettivo principale dell’esecutivo resta recuperare il gap digitale e che sull’eventuale acquisizione quota di controllo di Metroweb peserebbe comunque il nodo Antitrust.

Sullo sfondo dell’incontro, servito tra le altre cose per aggiornare i consulenti del Governo dello stato dell’arte delle infrastrutture a banda larga, c’è stato infatti lo sviluppo della rete in fibra ottica sul quale l’Italia viaggia in netto ritardo rispetto al resto d’Europa.

Resta ancora da individuare, per usare una metafora, chi darà le carte in questa importante partita infrastrutturale, visto che Telecom non è un’impresa pubblica e in nessun caso il Governo può imporre all’ex monopolista tempi e modi per passare dalla rete alla fibra, mentre – sempre per parafrasare Tiscar – gli operatori sembrano interessati più a litigare che a procedere coi piani d’investimento. Fondamentale, in questo scenario, il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti – presieduta da Bassanini e azionista Metroweb attraverso il Fondo Strategico Italiano – ma l’accelerata decisiva dovrebbe arrivare, spera le’escutivo, dal Piano Nazionale Banda Ultra Larga e Crescita Digitale, la cui consultazione termina domani (il 30 aprile il termine per presentare i piani) e che prevede investimenti per 6 miliardi di euro pubblici e 2 miliardi privati. Un piano molto apprezzato dagli operatori, sentiti in queste settimane dal Mise, sia per le risorse economiche messe in campo che per le misure atte a incentivare gli investimenti attraverso la defiscalizzazione e l’istituzione di un polo di attrazione dei fondi per agevolare l’accesso al credito: bisognerà però vedere cosa succederà quando dalle intenzioni si dovrà passare ai fatti.

Il Governo, dal canto suo, procederà con la mappatura capillare del territorio per individuare le aree nere e le aree grigie e rendere così efficace il credito d’imposta, dando un’impalcatura solida al Piano nazionale, che intende agevolare l’upgrading infrastrutturale premiando le aziende che investono su reti atte a garantire connessioni da 30 Mb in su per arrivare in alcune aree anche a soddisfare gli obiettivi Ue di copertura a 100 Mb.

Sul tavolo del Cda anche il Brasile, dove è in ballo il progetto di integrazione con Oi. Secondo alcune fonti riportate da Bloomberg, Telecom propenderebbe per un’offerta tutta in azioni, ma vorrebbe prima assicurarsi che il Governo brasiliano e il regolatore non bloccheranno l’operazione. Difficilmente, dice Bloomberg, si prenderà una decisione prima della fine del primo trimestre 2015.