Jihadismo 2.0

Il Social Politico. La minaccia dell’Isis corre sui social media

di Guido Petrangeli |

I social come luoghi dello sdegno dopo il massacro a Charlie Hebdo, ma anche cassa di risonanza del messaggio jihadista: il 9 gennaio mentre la rete scriveva circa 3 milioni di tweet su #JeSuisCharlie, il topic #jesuisKouachi lanciato dai terroristi islamici calamitava ben 25.000 menzioni.

#Ilsocialpolitico è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e @Social_politico.

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Decine di migliaia di parigini sono accorsi mercoledì a Place de la Republique per denunciare il massacro a Charlie Hebdo. Molte di più sono le persone che hanno voluto condividere la solidarietà al popolo francese utilizzando l’hashtag #JeSuisCharlie, principale topic trend in tutto il mondo. Purtroppo Twitter non è stato solo il luogo dello sdegno verso il terrorismo, ma anche la piazza dove il messaggio jihadista ha trovato una forte cassa di risonanza.

La piattaforma dei 140 caratteri è stata infatti cavalcata dai terroristi per aumentare il ”buzz” intorno alle loro azioni e per fare nuovi proseliti. Nei giorni in cui #CharlieHebdo e #JeSuisCharlie erano gli argomenti più discussi nella twittersfera i jhiadisti 2.0 si sono agganciati a questi hashtag rilanciando i loro messaggi di terrore. Il 9 gennaio mentre la rete scriveva circa 3 milioni di tweet su #JeSuisCharlie, i terroristi islamici coglievano l’opportunità di rilanciare il topic #jesuisKouachi capace di calamitare ben 25.000 menzioni. La strategia di creare un link tra un argomento di massa e la propaganda jihadista è stata sperimentata dai terroristi islamici durante gli ultimi mondiali di calcio. Sfruttando uno dei topic più diffuso nella storia di Twitter,  #Brazil2014, i terroristi hanno aumentato l’ampiezza di hashtag come #AMessageFromISIStoUS in grado di inviare più di 80.000 tweet di odio contro gli Usa.

È sempre più chiaro come una campagna sui social media sia oggi indispensabile per tutti, movimenti radicali compresi. Un marketing fortemente focalizzato e la possibilità di costruire attraverso i social media un comunità compatta è un’opportunità di lotta che l’Isis non si sta facendo sfuggire. Va inoltre sottolineato come il fenomeno twitter sia molto più espanso nella cultura medio-orientale di quanto possiamo immaginare. Nelle ultime settimane abbiamo rilevato come in media circa 4 argomenti su 10 della topic trend mondiale siano hashtag in lingua araba.

Sui social media ed in particolare su Twitter era già stata segnalata la minaccia di un eventuale attacco da parte di un  “lupo solitario”. Sul quotidiano israeliano Harretz qualche mese fa è uscito un articolo in cui si parlava di un account Twitter @Dawlamoon che minacciava l’invio di un “lone wolf” in Europa per fare strage di cittadini. Anche se mentre scriviamo l’account @Dawlamoon è inattivo esistono altri profili collegati a questo account che inneggiano al califfato islamico. Uno di questi, @177_sf, si proclama come account sostenitore del leader  Abu Bakr al-Baghdadi ed ha continuato la sua opera di propaganda fino ad ottobre riuscendo a raggiungere 2.830 follower e postando 3.427 messaggi. Altri profili,  come quello denominato @khalid43gm, sono tutt’ora attivi e hanno pubblicato una serie di video di propaganda su youtube oggi rimossi dallo stesso social.

La realtà dei fatti ci parla di uno jihadismo 2.0 molto professionalizzato e consapevole degli strumenti utilizzati.  Su Twitter ci sono infatti diversi profili riconducibili all’ISIS, ognuno con un compito diverso: gli account dei media ufficiali che pubblicano comunicati e video; gli account locali che pubblicano informazioni live  e  immagini; gli account dei singoli mujaheddin dove i combattenti promuovono esperienze e stili di vita.

La propaganda social dell’Isis è molto forte anche su YouTube, dove nei mesi passati sono state pubblicate le macabre decapitazioni dei reporter di guerra James Foley e Steven Sotloff. Qualche giorno fa la rete ha dovuto fare i conti con l’orrore di un nuovo video pubblicato da al-Hayat Media, la struttura mediatica dell’Isis rivolta al pubblico occidentale. Il filmato in questione, montato e postprodotto in maniera professionale, mostra un bambino sui 10 anni che uccide a sangue freddo con una pistola due uomini accusati di lavorare per i servizi segreti russi. Queste terribili immagini sono rimbalzate da un canale all’atro di Youtube raggiungendo in poco tempo più di 400.000 mila visualizzazioni.

 

Dati raccolti dal 12 al 17 gennaio 2015