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Smart TV, la regina del salotto (che ci spia) non vuole abdicare

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Eppure, per quanto possa essere rassicurante – è lì nel nostro salotto ormai da (ben) più di mezzo secolo – la televisione, da quando è diventata smart, può nascondere insidie tipiche dell’era di Internet.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Schermi. Non possiamo farne a meno: smartphone, smartwatch, computer, tablet. E la televisione. Un dispositivo che in tanti, non troppi anni fa, dicevano già destinato all’estinzione. Guarderemo ogni cosa sul telefonino, si diceva, troppo comoda la possibilità di dedicarci a un film o a una serie mentre andiamo al lavoro in metropolitana o a letto, sotto le coperte.

Ed è vero che oggi la nostra fruizione dei contenuti audio e video contempla in molte occasioni la mobilità, con la complicità di tariffe sempre più convenienti per Internet mobile (basta dare un’occhiata al comparatore di SosTariffe.it per toccare con mano quanto siano scesi i prezzi in questo settore); ma dal salotto, il televisore non ha alcuna intenzione di andarsene.

Soprattutto oggi, quando non passa anno che non ci sia qualche novità a rivitalizzare uno dei dispositivi più storici della nostra casa: 4K, HDR, 8K, OLED, QLED, dimensioni sempre più mastodontiche, lunghe discussioni su angoli di visione e “nero che è vero nero”, e poi tutti a dare un’occhiata alle offerte in occasione del Black Friday e del Cyber Monday.

La televisione che ci spia

Eppure, per quanto possa essere rassicurante – è lì nel nostro salotto ormai da (ben) più di mezzo secolo – la televisione, da quando è diventata smart, può nascondere insidie tipiche dell’era di Internet. Ad esempio la possibilità, tipica in genere di tutti i dispositivi IoT (a maggior ragione se dotati di altoparlanti e microfoni per i comandi vocali), di inviare i nostri dati a terzi. Due diversi studi, condotti da ricercatori della Northeastern University di Boston e dell’Imperial College London, di recente hanno mostrato come perfino in standby le tv siano in grado di trasmettere informazioni a nostra insaputa.

Il problema non riguarda soltanto le tv, ma anche gli stick HDMI (come il Fire Stick di Amazon, ad esempio) e i set top-box di Samsung, LG, Roku e Amazon. I destinatari dei dati “rubati”? Netflix, Google, Facebook, Microsoft, Akamai, Spotify e le altre aziende che sui nostri gusti possono elaborare intere campagne di marketing, e perfino (come nel caso di Netflix) se non siamo abbonati al servizio.

La ricerca, svolta su 81 diversi dispositivi tra gli USA e il Regno Unito, ha mostrato come circa la metà dei televisori coinvolti fosse composta da “messaggeri” di questo tipo. Il che, attenzione, non vuol dire per forza violazione della privacy: è molto probabile che noi stessi abbiamo dato l’assenso a un comportamento di questo tipo, spuntando frettolosamente le varie opzioni durante l’attivazione o la prima configurazione di un servizio. Si tratta comunque di una condotta abbastanza scorretta, considerando la scarsa trasparenza degli avvisi a disposizione dell’utente; il tutto tipico di un ambiente ancora troppo poco regolato. Netflix, nel frattempo, si è affrettata a precisare che le informazioni riguardano esclusivamente il buon posizionamento dell’app della tv streaming nell’ecosistema dell’utente e null’altro.

Largo ai top-box e alla tv firmate Amazon

Il fatto che il settore delle “scatolette”, i set topbox che rendono smart (o “più” smart) i televisori che non lo sono, vada a gonfie vele, è un’ulteriore testimonianza della centralità del televisore. Per questo i colossi dell’entertainment via streaming e non solo si stanno concentrando particolarmente su questo settore: un esempio recentissimo è quello di YouTube, con Google che ha implementato un nuovo metodo per trasmettere contenuti pubblicitari in tv quando si apre l’applicazione. Ancora per il fronte media player, oltre alla Fire Stick 4K, da poco arrivata in Italia (e ancora più intelligente con il supporto ad Alexa), all’IFA 2019 di Berlino Amazon ha lanciato la nuova generazione di Fire TV Cube, a 119,99 euro (ma ancora non disponibile in Italia) per consentire di accedere ai contenuti Netflix, YouTube, Prime Video, con supporto Dolby Vision, Dolby Atmos e naturalmente Alexa, con il riconoscimento vocale migliorato grazie alla presenza di 8 microfoni ed alla soppressione del rumore. E visto che non si ha un’esperienza televisiva degna di questo nome se manca un comparto audio all’altezza, l’azienda di Bezos ha mostrato anche la sua prima soundbar, Nebula Soundbar, con supporto per 4K UHD e Dolby Vision, a 209,99 euro.

Ma la notizia veramente ghiotta è un’altra: Amazon ha ufficializzato una serie di collaborazioni con produttori di smart tv per lanciare nuove tv “brandizzate” Fire TV Edition: tra i marchi coinvolti, JVC e una vecchia conoscenza, Grundig.

Per Sky la tv è sempre al centro

Anche le ultime mosse di Sky in Italia – che da poco ha chiuso l’accordo con DAZN e si appresta a farlo con Netflix – vanno in una sola direzione: non disdegnare, certo, la mobilità (che continuerà a essere supportata con Sky Go e con i satelliti Sky Q Platinum), ma ampio spazio per il televisore principale, che sempre più si configura come una “centrale” in grado di soddisfare tutti i bisogni di una famiglia in materia di entertainment. Già, perché se il cinema è affascinante ma scomodo e costoso, guardarsi un film a pochi mesi dall’uscita nelle sale comodamente seduti sul divano, su uno schermo a 65” di qualità sempre più alta e con un impianto audio da far invidia a quello di un multiplex, si capisce come il televisore sia lontano dal pensionamento; e ragionamenti analoghi possono essere fatti per lo sport, che in Italia è più che mai un fattore di aggregazione, meno adatto di quanto si pensi alla visione in solitaria sul ridotto schermo dello smartphone.

Già la relazione dell’Agcom 2019 aveva dimostrato come la televisione, insieme alla radio, rappresenti «il mezzo che, a fronte dell’ascesa del web, è riuscito a mantenere una solidità nel tempo in termini di ricavi, poiché ha potuto giovarsi della digitalizzazione del segnale e della più recente diffusione delle reti a banda larga e ultralarga». In un’epoca in cui la politica sembra dettata dai social network, da Twitter a Facebook, è invece ancora la televisione che fa la differenza ed è considerato il mezzo primario dove farsi un’idea di quello che succede nel mondo. Uno stato di salute sicuramente molto migliore di quello della carta stampata, e non solo.

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