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Smart home: mercato globale a 150 miliardi di dollari nel 2023, ma crescono i cyber attacchi

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La domotica si afferma come settore ricco di opportunità per le imprese della trasformazione digitale, tra soluzioni IoT, per la sicurezza e l’efficienza energetica, ma spyware e malware hanno già preso di mira gli edifici smart&digital. L’Italia uno dei Paesi più esposti a questo tipo di minacce informatiche.

Il mercato mondiale della domotica continua a crescere e nei prossimi anni segnerà nuovi record, soprattutto con lo sviluppo dell’internet delle cose, dell’intelligenza artificiale, l’automazione e la rete 5G. soluzioni tecnologiche avanzate pensate per migliorare la qualità della vita, per migliorare il livello di sicurezza, semplificare la fase di progettazione della domus e dei device da installare, contenere i consumi e quindi ridurre la spesa dei proprietari.

Un mercato smart home come detto in crescita, che nel 2018 ha raggiunto i 31,4 miliardi di dollari, secondo stime Mordor Intelligence, ma che continuerà ad incrementare il valore complessivo, grazie ad un tasso di crescita annuo (Carg 2019-2024) calcolato attorno al 26%.

Si passerà così dai 36 miliardi di dollari attesi per la fine dell’anno in corso alla possibilità di superare i 150 miliardi entro il 2022.
Tra le tecnologie più utilizzate per la nostra smart home, secondo stime Statista, invece, c’è sicuramente l’Internet of Things (IoT), la rete dei dispositivi elettronici interconnessi che secondo Statista potrebbe contare 1,2 miliardi di unità attivate nelle smart home entro il 2025.

C’è poi l’efficienza energetica delle case automatizzate, che nel segmento smart meter potrebbe raggiungere un valore di mercato pari a 6 miliardi di dollari entro il 2025 (il doppio del dato riferito al 2018), secondo proiezioni Global Market Insights.

Anche la sicurezza è strategica e per quanto riguarda i dispositivi dedicati alla cybersecurity dell’abitazione e di interi edifici (smart buildings privati, pubblici e commerciali) sono attese 351,7 milioni di spedizioni.

In termini di sicurezza, però, qualche problema inizia a manifestarsi.
Prendiamo la ricerca Kaspersky sulle minacce informatiche rivolte agli smart building, cioè non solo case, ma interi edifici realizzati o ristrutturati in logica smart&digital.
Nella prima metà del 2019, si legge nel documento, quasi quattro computer su dieci (37.8%), usati per gestire i sistemi di automazione degli “edifici intelligenti”, sono stati oggetto di attacchi malevoli.

I sistemi di automazione degli smart building sono tipicamente costituiti da sensori e controller usati per monitorare e automatizzare il funzionamento di ascensori, impianti di vario genere come quello di ventilazione, di climatizzazione, elettrici, di fornitura idrica, di video sorveglianza, o allarmi antiincendio e sistemi di controllo degli accessi e molte altre informazioni critiche e sistemi di sicurezza.
Questi sistemi sono solitamente gestiti e controllati da normali workstation connesse spesso a internet.

Dall’indagine è emerso che più dell’11% dei computer per la gestione dei sistemi di smart building sono satti presi di mira (37.8%) da spyware, cioè malware che hanno l’obiettivo di rubare le credenziali degli account e altre informazioni importanti. Sono stati rilevati dei worm sul 10.8% delle workstation, mentre il 7.8% è stato oggetto di tentativi di phishing e il 4.2% è stato vittima di ransomware.
La maggior parte di queste minacce proveniva da internet, con il 26% dei tentativi di infezione nati sul web.

Nel 10% dei casi, i responsabili dell’infezione sono stati i supporti rimovibili, incluse le chiavette USB, gli hard-driver esterni e altri dispositivi. Un ulteriore 10% proveniva da link e allegati mandati via mail. L’1,5% dei computer degli smart building sono stati attaccati da sorgenti interne alla rete, come le cartelle condivise.

Guardando infine ai Paesi con il maggior numero di attacchi troviamo l’Italia al primo posto con la più alta percentuale di attacchi rivolti ai computer per gli smart building (48,5%), seguita da Spagna (47,6%), Regno Unito (44,4%), Repubblica Ceca (42,1%) e Romania (41,7%).