Il CDM

Riforma Rai, ecco il ddl sulla governance. La palla al Parlamento

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Il Consiglio dei Ministri ha adottato il disegno di legge sulla governance Rai. Renzi: ‘Parlamento faccia in fretta se non vuole Cda eletto con la Gasparri’

Prende finalmente forma la proposta di riforma Rai, presentata al termine del Consiglio dei Ministri di stasera. Prima di illustrare il disegno di legge sulla governance della Tv pubblica uscito dal CDM (Documento), spazio al progetto di riorganizzazione della Giustizia, affidato lo scorso dicembre a Mario Barbuto, già presidente della Corte d’Appello di Torino.

Il Ministro Orlando ha parlato di “una forte cura dimagrante per l’intero sistema che porterà risparmi per 64 milioni di euro all’anno”. “Vorrei che si prendesse atto – ha detto Orlando – che questa è la più importante cura ricostituente della giustizia degli ultimi decenni“.

La grande attesa è però tutta riservata al disegno di legge sulla riforma Rai, dopo le polemiche sullo scontro all’interno del Pd (ma anche fuori) e i dubbi che anche stasera potesse saltare la discussione in Consiglio.

Su un punto sia Renzi che il Sottosegretario alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, sono fermi: nessun ricorso al decreto d’urgenza, anche se i tempi dell’iter parlamentare dovessero allungarsi oltre la scadenza dell’attuale mandato dei vertici Rai.

Lo ha assicurato il Presidente del Consiglio, spiegando che con il ddl varato oggi dal CDM “abbiamo dato una possibilità di discussione al Parlamento che è sovrano“. Se i tempi per il sì alla riforma dovessero andare oltre la scadenza del board Rai “si terranno la Gasparri, nomineranno il nuovo con la legge Gasparri”, ha precisato il Premier.

Per Giacomelli sarà il Parlamento “a decidere liberamente. Se vuole essere protagonista di una fase di riforma o se vuol tenersi i meccanismi della Vigilanza con ciò che essi comportano”.

 

La riforma è al momento limitata alla governance, successivamente si affronterà con altri provvedimenti la revisione del canone e il rinnovo della Concessione del servizio pubblico.

Quello che il Governo ha fatto sulla Rai, ha spiegato Renzi, è stato portare avanti la valutazione di un documento politico molto sintetico che “racconta in quattro pagine cosa è per noi la Rai”.

Da qui mi piacerebbe che partisse il dibattito, il più ampio possibile, anche per migliorare” la proposta del Governo.

L’auspicio di Renzi è però che il confronto “non avvenga con lo spirito da tifoseria, da ultras, perché quando parliamo di Rai – ha precisato – non parliamo solo della grande azienda culturale europea che vogliamo costruire, ma anche di un patrimonio per il nostro Paese che appartiene ai cittadini”.

 

Nessuno vuole mettere le mani sulla Rai”, ha ribadito il Premier, entrando nel merito della riforma della governance che prevede per la prima volta la possibilità che nel Cda entri un rappresentante dei lavoratori della tv pubblica. Novità a cui Renzi tiene molto.

La trasformazione quindi della Rai in una media company organizzata come una SPA con un Cda snello che vede ridurre i membri dagli attuali nove a sette.

Due membri verranno eletti dalla Camera e due dal Senato. Altri due saranno di nomina governativa.

Il presidente sarò nominato dal Cda che, “sentito l’azionista”, indicherà anche l’amministratore delegato.

Un Ad con maggiori poteri e più possibilità di azione che, come ha precisato Giacomelli, “non deve essere un dipendente Rai” e il cui compenso sarà fissato in base alla normativa vigente.

“La Rai deve essere liberata dal frustrante dibattito tra singole forze politiche”, ha commentato Renzi.

Resta la Commissione parlamentare di Vigilanza che, come ha ricordato il Premier, in alcune proposte di legge presentate sia dal Pd che dal M5S si voleva far sparire, ma che adesso avrà poteri di controllo solo sul servizio pubblico, senza possibilità di intervenire sui budget o sui palinsesti della Rai.

Per Renzi questo significa “tenere la politica fuori dalla Rai”.

Per quanto riguarda il canone, il Premier ha sottolineato che vorrebbe eliminarlo per lasciare che sia la fiscalità generale a pagare il servizio pubblico, ma ha aggiunto che “sarebbe troppo complicato” da realizzare e sarebbero necessarie anche modifiche nel settore della pubblicità.

Sull’eliminazione del canone, Giacomelli ha indicato di non essere “della scuola del Presidente del Consiglio ma – ha precisato – parteciperò all’approfondimento del Governo”.

Nel ddl quindi non c’è alcuna indicazione sulla riforma del canone. Resta la volontà del Governo a sciogliere questo nodo con l’obiettivo, come ha concluso Renzi, di “combattere un’evasione che è allucinante”.