L'iter

Riforma Rai, passa al Senato con 50 voti di scarto

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Discussione accesa a Palazzo Madama sul testo che riforma la Tv pubblica. La palla passa ora alla Camera ma il Sottosegretario Giacomelli prevede un ritorno al Senato se sarà reintrodotta la delega al governo sul canone.

Passa al Senato la riforma Rai, accompagnata da un acceso dibattito per via della scelta del governo di procedere alla nomina del Cda di Viale Mazzini, scaduto dal 25 maggio, con la legge Gasparri. Martedì è in programma la riunione della Commissione di Vigilanza che dovrà decidere sulle nomine di propria competenza come richiesto dal Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Questo controverso Ddl è stato approvato a Palazzo Madama con 142 voti favorevoli e 92 contrari. La palla passa ora alla Camera che però chiuderà per la pausa estiva il 5 agosto per riprendere i lavori l’8 settembre.

L’iter si preannuncia già molto difficile e oggi in conclusione del dibattito il Sottosegretario del Ministero dello Sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha detto di prevedere un possibile ritorno del testo a Palazzo Madama.

Ho la sensazione che ci rivedremo in Senato“, ha dichiarato Giacomelli, alludendo evidentemente alla possibilità che alla Camera venga reintrodotta la delega al governo sul canone, soppressa ieri a seguito dell’approvazione di emendamenti di opposizione e minoranza Dem, con parere contrario di governo e relatore.

A riguardo, il premier Matteo Renzi da Palazzo Chigi ha commentato: “Vedremo se e come correggere alla Camera il testo”.

Nell’articolo bocciato in Senato, ha aggiunto, “credo ci fossero alcuni punti interessanti, anche sulle emittenti locali” non solo sul canone sul quale “il governo può sempre intervenire, basta che faccia una proposta in legge di stabilità”.

Poi ha sottolineato: “Ho chiesto al Parlamento di approvare la riforma della Rai in tempo perché siamo in prorogatio ormai da mesi. Siamo al 31 luglio, il Cda è scaduto già da mesi ed è giusto che se ne possa avere uno nuovo. E’ la legge che lo prescrive”.

Renzi ha osservato “Non sarà un consiglio di amministrazione a termine e durerà tre anni da agosto 2015 a bilancio 2017″. E ha precisato di aver scelto di non fare un decreto “in una logica di rispetto e con un iter normale. Ma la Rai è grande azienda ha bisogno di piena e totale corrispondenza della legge con la governance”.

Il premier ha poi ribadito che “il modello politica Rai è un modello alla Bbc: di assoluta indipendenza dove il Governo nomina il presidente e il direttore generale per cui faremo quello che è doveroso: offrire nomi più autorevoli e competenti”, concludendo che “il 7 agosto avremo la possibilità di avere un Cda operativo in carica come è doveroso che sia”.

Oggi in Aula gli interventi dell’opposizione sono stati molto concitati specie sulle deleghe, considerate ‘ampissime per un governo confuso’.

“Questo decreto deve essere abbattuto”, ha rilanciato Paola De Pin (Verdi). Dalla Lega Jonny Crosio ha incalzato “Tele-Renzi oscurata dallo stesso Pd”, riferendosi alla soppressione della delega al governo sul canone e alle mai risolte divisioni interne al partito di Renzi proprio sulla riforma Rai.

Ha invece espresso soddisfazione per l’approvazione oggi al Senato il Ministro per le riforme Maria Elena Boschi: “Sono soddisfatta, è un primo passo importante. Probabilmente il lavoro non finisce qui, arriveranno delle modifiche alla Camera”.

Per il senatore Pd, Francesco Verducci, “Questa riforma è il primo passo di un percorso complessivo, perché arriva a pochi mesi dal rinnovo della concessione. Abbiamo in programma anche la scrittura di un nuovo testo unico delle convergenze multimediali, sempre mantenendo un ruolo principale del Parlamento”.

L’obiettivo – ha aggiunto – è chiudere una stagione fallimentare e di aprirne un’altra. Mi rivolgo a Gasparri, faremo di tutto perché questa legislatura mandi in soffitta legge vecchie e inadeguate”.

“La Rai – ha detto ancora – ha perso legittimazione e credibilità a causa della lottizzazione. Questa situazione ha nell’attuale governance il suo colpevole, c’è un ruolo distorto della Commissione Vigilanza che noi vogliamo cambiare. Questa è una riforma forte anche da un punto di vista organizzativo, con un Cda partecipato anche da lavoratori e un Ad in grado di operare, senza ledere il ruolo di primazia del Parlamento deciso dalle sentenze della Consulta. C’è un bilanciamento tra le prerogative dell’azionista e quelle del Parlamento, oltre a una separazione tra il livello politico e gestionale rafforzata dall’introduzione di norme sulla trasparenza”.

Sì, però, il Cda verrà rinnovato con la Legge Gasparri e resterà in carica per tre anni.

Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto-Sel, ha detto senza mezzi termini: “Lo slogan iniziale era liberare la Rai dai partiti, invece, ci troviamo con un progetto di legge che non solo non ha messo in campo il processo fondamentale di dare una nuova mission al servizio pubblico, ma si concentra sulla governance, svelando la propaganda renziana con un modello che mette Rai in mano a governo e maggioranza. Noi ci siamo ispirati al modello della Costituzione, voi al modello bulgaro”.

Da Forza Italia, Maurizio Gasparri ha sottolineato: “Il dato politico non sta in una legge che riforma un articolo della Gasparri, ma nella dimostrazione che il governo non ha i numeri: se ha zoppicato su una legge virtuale, figuriamoci su altro provvedimenti”.

“Noi non tendiamo la mano a nessuno – ha detto ancora -. La Gasparri è una buona legge, per questo non voteremo un tentativo di cambiarne una parte”.