Il caso

Radio Radicale, Agcom: ‘Prorogare la convenzione in attesa della gara’. Ma non bastano i media di Camera e Senato?

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L’Agcom invita il Governo ‘a prorogare la convenzione, fino alla definizione dei criteri e delle procedure della nuova gara’. Dal 1994 Radio Radicale ha ricevuto 8 milioni l’anno di fondi pubblici per trasmettere le sedute del Parlamento. Dal 2019 sono 5 milioni e termineranno il 30 giugno. Ma non sono suffienti i media di Camera e Senato, siti web, social, canali satellitari (con la creazione di una loro radio)?

Anche l’Agcom al fianco di Radio Radicale per “assicurare la continuità di un servizio di interesse generale”. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha inviato al Governo una segnalazione urgente “intesa a formulare alcune osservazioni e proposte di intervento in materia di affidamento di una rete radiofonica dedicata ai lavori parlamentari, nonché all’identificazione di un servizio media radiofonico e multimediale destinato all’informazione istituzionale con finalità di interesse generale”. 

In attesa di una nuova gara, l’ultima è del 1994, con cui affidare la trasmissione dei lavori parlamentari, L’Autorità ha auspicato, “nelle more di una complessiva e non più rinviabile riforma della materia, che al fine di assicurare la continuità di un servizio di interesse generale, il Governo possa prorogare l’attuale convenzione, quanto meno fino al completamento della definizione dei criteri e delle procedure di assegnazione”.

La posizione dell’Agcom è chiara su Radio Radicale, che è diventata un caso da quando Vito Crimi,il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria, il 15 aprile, a margine di una conferenza a Milano, ha detto che il Governo non intende rinnovare la convenzione tra il Mise e la radio. Il riferimento è alla convenzione con lo Stato che Radio Radicale ha dal 1994, grazie alla quale quest’ultima riceve 8 milioni di fondi pubblici per trasmettere le sedute di Camera e Senato. Per la precisione la radio è obbligata dalla convenzione a trasmettere nel corso dell’anno almeno il 60% delle sedute delle due Camere nella fascia oraria che va dalle 8 alle 21. 

La legge di Bilancio per il 2019 ha prorogato questo accordo solo per sei mesi, fino al 30 giugno 2019. Ha anche diminuito le risorse per quest’anno a 5 milioni di euro, secondo i vertici dell’emittente mettendo a rischio la sostenibilità economica della radio, che beneficia anche del fondo per l’editoria, pari a circa 4 milioni di euro l’anno.  

Ma lo Stato potrebbe anche risparmiare gli 8 milioni l’anno per affidare a una società concessionaria la trasmissione dei lavori parlamentari? D’altronde questo servizio pubblico è già svolto in parte attraverso i media di Camera e Senato: dai siti web, dai canali YouTube e dai canali satellitari è possibile seguire in diretta, e rivedere on demand, molte sedute parlamentari. Con ulteriori fondi pubblici per Camera e Senato, ma molto meno degli 8 milioni l’anno, i media ufficiali di Montecitorio e Palazzo Madama potrebbero trasmettere tutti i lavori parlamentari su qualsiasi device. Praticamente già questo avviene, tranne per la radio che dovrebbe essere realizzata  ex novo anche in FM. 

Così si dichiara la morte di Radio Radicale? No. Dovrà trovare un nuovo modello di business come fanno tante altre realtà editoriale che non ricevono finanziamenti pubblici, ma forniscono un prodotto editoriale di interesse nazionale. 

Per questo motivo concordo con la proposta di Enrico Mentana: “Se ognuno dei tanti politici, imprenditori, giornalisti, artisti che hanno speso parole di allarme per la sorte di Radio Radicale avesse promesso di versare un aiuto per quella gloriosa emittente, magari diventandone piccolo o medio azionista, come per incanto la radio sarebbe salva, e soprattutto sottratta all’alea degli aiuti di stato. Disposto ovviamente a fare la mia parte”.