State of Broadband 2016

Banda larga: nel 2020 più connessioni mobili che acqua corrente nelle case

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L’India sorpassa gli Stati Uniti e diventa il secondo mercato internet mondiale con 333 milioni di utenti della banda larga fissa e 260 milioni di abbonamenti alla banda larga mobile.

Con il 65,5% della popolazione che usa internet, l’Italia si piazza in 60esima posizione nella classifica stilata annualmente dall’ONU con il suo report The State of Broadband. Prime in classifica, Islanda e Lussemburgo con percentuali pari al 98% e al 97% di popolazione connessa a internet da rete fissa.

Va un po’ meglio quando si tratta di connessioni mobili: ce ne sono in Italia 82 ogni 100 abitanti, contro 144 ogni 100 abitanti della Finlandia e 142 di Singapore. Quanto invece alle connessioni a banda larga, l’Onu ne ha contate 23,8 ogni 100 abitanti, contro 47,4 di Monaco, primo in classifica seguito dalla Svizzera con 44,7 connessioni broadband ogni 100 abitanti.

Del report 2016 The State of Broadband vale la pena segnalare due dati: innanzitutto i 4 miliardi di persone che saranno ancora offline alla fine di quest’anno – il 53% della popolazione mondiale –  e l’India che sorpassa gli  Stati Uniti e diventa il secondo mercato internet mondiale con 333 milioni di utenti della banda larga fissa e 260 milioni di abbonamenti alla banda larga mobile. La Cina resta salda e lontanissima al primo posto con 721 milioni di internauti. Ma sono proprio India e Cina a concentrare il maggior numero di persone offline: insieme a Indonesia, Pakistan, Bangladesh e Nigeria concentrano il 55% di tutte le persone che non hanno accesso a Internet, mentre tre quarti degli utenti Internet sono raggruppati in 20 paesi, tra cui gli Stati Uniti.

Il report conferma che, secondo gli ultimi dati ITU, gli utenti internet saranno 3,5 miliardi entro la fine del 2016, pari al 47% della popolazione mondiale – contro i 3,2 miliardi dell’anno scorso – e definisce incoraggianti I progressi nei 48 paesi designati come paesi meno sviluppati (PMS).

Migliore invece la situazione della banda larga mobile, che si conferma come il metodo previlegiato per l’accesso a internet, soprattutto in quei paesi che soffrono per la cronica arretratezza (per non dire dell’assoluta mancanza) di reti di telefonia fissa. Secondo il rapporto,  sono 165 i paesi che dispongono di reti 4G con un numero complessivo di abbonamenti mobile broadband che entro la fine del 2016 dovrebbe attestarsi a 3,6 miliardi.

Gli utenti mobili unici nel 2015 hanno raggiunto quota 5 miliardi, a fronte di una popolazione mondiale di 7,4 miliardi e circa la metà di tutti gli abbonamenti consente di accedere a internet.

Negli Usa la penetrazione degli smartphone è ormai vicina alla saturazione (90%), mentre Europa e mercati asiatici sono arrivati alla maturità come Giappone e Corea, lasciando pochissimo margine di crescita. Motori della crescita futura sono quindi paesi come l’India e l’Indonesia, indica il rapporto Onu.

Entro il 2020, spiega il rapporto, gli utenti mobili unici raggiungeranno quota 5,6 miliardi, ossia più del numero di persone che possono usufruire dell’elettricità in casa (5,3 miliardi), di un conto corrente (4,5 miliardi) o dell’acqua corrente (3,5 miliardi). Il 93% di questi nuovi abbonati sarà concentrato nei paesi in via di sviluppo.

Per il Segretario generale dell’ITU (l’agenzia ONU per le tlc) Houlin Zhao, numerosi elementi economici mettono in evidenza “il ruolo primordiale di una connettività a banda larga economicamente accessibile per la crescita economica, l’inclusione sociale e la protezione dell’ambiente”.

Irina Bokova, direttrice generale UNESCO, ha sottolineato invece che le tecnologie a banda larga possono essere una leva potente per lo sviluppo a condizione che si investa sia in accessibilità che in competenze e istruzione. “Dobbiamo aprire nuove strade per la creazione e la condivisione delle conoscenze. Dobbiamo rafforzare la libertà di espressione e ampliare le opportunità di apprendimento, soprattutto per le donne e le ragazze. Abbiamo bisogno di creare contenuti utili, locali e multilingue”.