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Nuovo lockdown, ma su dati incompleti con buona pace del digitale

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Il Governo sostiene che le decisioni sul nuovo “lockdown light” sono assunte sulla base di un “sistema informativo” (21 parametri) che però si è rivelato incompleto, fallace, tardivo. Con buona pace della digitalizzazione evoluta dell’Italia.

L’infodemia galoppa. L’attenzione del Paese – nella coscienza collettiva e nelle psiche individuali – è ormai rivolta al nuovo regime “repressivo” che il Governo ha adottato, nel tentativo di contenere in qualche modo la rinnovata ondata pandemica: i telegiornali ed i quotidiani, i media “mainstream” e quelli di “nicchia” sono ormai quasi tutti ossessivamente all’inseguimento della “notizia” dell’ultima ora, dell’ultimo minuto…

Come avevamo previsto nelle prime settimane della prima ondata del Covid-19, si è scatenata una vera e propria “infodemia”, un fenomeno mediale e sociale che provoca effetti molto gravi e molto negativi rispetto alla stessa “pandemia”: perché altera la coscienza sociale, altera le psiche individuali, produce un “immaginario di massa” devastante, con una diffusione di preoccupazioni, timori, ansia…

Di fronte a queste conseguenze profonde nel tessuto psico-sociale del nostro Paese, il Governo appare inerte e passivo, incapace di proporre una informazione equilibrata, incapace di mettere in atto strumentazioni adeguate all’emergenza. E stendiamo un velo di penoso silenzio sulle gravissime inadempienze della stessa Rai nella sua teorica funzione di “servizio pubblico”.

Ci si è limitati ad attivare un qualche sporadico servizio telefonico di emergenza psichica, senza comprendere che la infodemia produce effetti terribili in decine di milioni di persone, e non soltanto in poche centinaia di migliaia di soggetti deboli.

L’infodemia rende fragile il tessuto connettivo della società e altera le psiche individuali

La infodemia determina una crescente fragilità del tessuto connettivo della collettività. Agisce nel profondo, evoca la paura della malattia, il terrore della morte…

I telegiornali ed i quotidiani sono affollati di interviste a “tecnici”, ma sono nella quasi totalità dei casi medici, esperti di virus ed epidemie: gli interventi di “tecnici della psiche”, di psicologi e psicoterapeuti e finanche – di grazia! – di sociologi sono rarissimi.

Tutto il processo decisionale del Governo sembra poi volersi affidare alla “scienza”, intesa in modo parziale: la “salute” va considerata in una dimensione olistica, il problema non è circoscritto ai cittadini contagiati (o a rischio contagio) dal Covid-19.

Inoltre, assistiamo ad una “numerologia” che – se non fosse tragica – avrebbe tratti surreali e finanche divertenti: il Governo si è affidato dapprima al Comitato Tecnico Scientifico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la cui composizione completa è stata resa nota soltanto che alcuni (tra i quali chi cura questa rubrica) hanno richiesto di avere cognizione da “chi” fosse formato… i verbali del Comitato Tecnico Scientifico sono stati considerati quasi dei “segreti di Stato” e si è tardivamente provveduto, a seguito di polemiche e reiterate istanze di alcuni (tra i quali chi cura questa rubrica), ad una loro desecretazione, parziale (tanti i perduranti “omissis”)… le quotidiane conferenze stampa della Protezione Civile sono state annullate, e da un paio di settimane il Consigliere per la Comunicazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (Rocco Casalino) ed il Portavoce del Ministro della Salute Roberto Speranza (Nicola Del Duce) hanno impostato flussi comunicazionali che riducono il rischio di domande imbarazzanti…

Evidente il tentativo di limitare il pluralismo informativo, di ridurre il diritto di critica

Lo stesso Presidente del Consiglio non evoca più il mitico “Comitato Tecnico Scientifico” (Cts) ma la novella “Cabina di Regia”: Giuseppe Conte ci dichiara, conferenza stampa dopo conferenza stampa, che egli (ovvero “il Governo”) agisce sulla base di dati oggettivi e di numeri incontrovertibili.

La divisione del Paese in 3 “zone” a diversa intensità di rischio pandemico è stata (sarebbe stata) effettuata infatti sulla base di 21 “parametri” oggettivi, ma si scopre presto che il “sistema informativo” che dovrebbe trattare questa enorme massa di dati è fallace, incompleto, tardivo: lo spiega in modo chiaro – e senza “vis polemica” – un dossier a firma del collega Lorenzo Salvia sul “Corriere della Sera” di oggi, in un articolo dal titolo emblematico “Ecco come si diventa ‘zona rossa’. Ma dal territorio non arrivano i dati”.

Dati incompleti e tardivi: decisioni erratiche su informazioni deficitarie, l’algoritmo teorico dei 21 “parametri”

I dati sono incompleti, i dati sono tardivi, ma sulla base di “quei” dati il Governo dichiara di assumere le proprie decisioni: di grazia, se i dati sono fallaci, allora anche le decisioni sono sbagliate!

Di chi la responsabilità del deficit del sistema informativo? Qui, ancora una volta, si assiste ad un deprimente rimpallo di responsabilità tra Stato centrale e Regioni.

Il novello “algoritmo” che determinerà i ritmi quotidiani di decine di milioni di persone è basato su una formula che prende in considerazione 21 parametri, alcuni dei quali sono comprensibili a tutti, come il numero di casi sintomatici o la percentuale di occupazione dei posti in terapia intensiva. Dei 21 indicatori, 5 vengono considerati “opzionali”, come quello sulla distribuzione delle “check list” nelle Rsa.

I flussi dei dati non sono omogenei e registrano ritardi di trasmissione. Alcuni indicatori sono più raffinati, come i casi di infezione non associati a catene di trasmissione note. L’indicatore sintetico più importante resta l’ormai famoso (famigerato) “Rt”, che indica la velocità di trasmissione del contagio.

Molti osservatori specializzati e dirigenti delle Regioni si lamentano del fatto che i 21 parametri non siano stati adeguatamente illustrati: sono stati fissati con un decreto del Ministero della Salute il 30 aprile scorso, contestualmente alla costituzione della novella “Cabina di Regia”. Sulla Gazzetta ufficiale di allora ci sono solo poche righe: “sono stati adottati i criteri relativi alle attività di monitoraggio…”. Per trovare gli indicatori, si deve scavare sul sito web del Ministero.

I dati vengono trasmessi dalle Regioni alla Protezione Civile, e vengono quindi valutati dalla “Cabina di Regia”, alla quale partecipano i Ministri della Salute e degli Affari Regionali ma anche rappresentanti di Regioni, Province e Comuni.

Più precisamente, partecipano alla Cabina di Regia il Direttore Generale del Dipartimento di Prevenzione del Ministero Gianni Rezza, il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro, ed i membri designati dalla Conferenza delle Regioni (ovvero Lombardia, Campania, Umbria).

La raccolta dei dati ovvero il dataset dei 21 parametri è iniziata ad inizio maggio.

Il problema è che in queste tabelle ci sono troppi buchi e che i dati non sono aggiornati tempestivamente.

Alcune Regioni si lamentano delle decisioni assunte, il Ministro Speranza risponde che la loro reazione è “surreale”: a noi, francamente, “surreale” ci sembra tutto il sistema informativo del Governo rispetto alla gestione della pandemia.

Va segnalato che il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) Silvio Brusaferro ha dichiarato di “escludere ogni ipotesi di dolo per costruire scenari più favorevoli”, ma una possibile lettura tra le righe di questa tesi è semplicemente inquietante: c’è quindi il rischio comunque (anche soltanto latente) di manipolazione strumentale, addirittura di dolo politico???

Deficit di completezza e ritardi di trasmissione dei dati: eppur si decreta “lockdown”

C’è sicuramente un deficit di completezza, cioè mancanza di alcune voci, e si osserva un problema di stabilità della trasmissione, dato che alcune voci arrivano a singhiozzo.

A venerdì pomeriggio, la situazione permane incerta: si deve attendere ancora qualche ora per avere i nuovi dati della Cabina di Regia sull’evoluzione settimanale dell’epidemia di Covid in Italia.

La conferenza stampa dell’Istituto Superiore di Sanità, generalmente programmata il venerdì, non avrà oggi luogo.

Da un lato, è stata rimandata; dall’altro, è stata in qualche modo anticipata da un incontro ieri con i giornalisti in cui il Presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, e del Direttore Generale della Prevenzione del Ministero, Gianni Rezza, non hanno presentato numeri, ma hanno raccontato i meccanismi dei 21 indicatori (“condivisi con le Regioni”, sottolineano) con cui sono state “assegnate” le zone “rossa”, “arancione” e “gialla” sancite dal nuovo Dpcm.

In attesa dei “nuovi dati”, le 3 zone sono scattate da oggi 6 novembre.

Le decisioni del Governo sono state quindi assunte su numeri ormai datati, numeri contestati soprattutto dalle Regioni che si sono viste “assegnare” alla zona “rossa”, da oggi di fatto di nuovo in “lockdown” (per quanto in una versione leggermente più “light” rispetto alla primavera).

Dai nuovi numeri, potrebbero emergere (ancora) novità per le Regioni (o anche solo per città o aree più limitate).

Paradossalmente… tanta scienza, ma in fondo procedure nasometriche.

Un “sistema informativo” più nasometrico che digitale

Incredibile, in una Italia di cui viene spesso esaltata – da alcuni ministri – la capacità “digitale”.

Ci permettiamo di ricordare che, in occasione di una delle prime conferenze stampa del controverso Commissario Straordinario Domenico Arcuri, nelle prime settimane della prima ondata pandemica, abbiamo domandato se non fosse opportuno che lo Stato investisse una qualche decina di milioni di euro per analizzare le criticità del “sistema informativo” della pandemia, per risolvere i problemi e per dotarsi di una “macchina elaborativa” adeguata all’emergenza, un sistema informativo digitale evoluto. Ricordiamo che Arcuri ci ha risposto, con il suo solito tono (che vorrebbe essere) rassicurante e bonario, che ci avrebbe pensato, che avrebbe preso in considerazione questa proposta… La questione l’abbiamo riproposta più volte, anche in occasione delle conferenze stampa quotidiane del Cts (si rimanda a “Key4biz” del 17 aprile 2020, “Covid-19: il ‘sistema informativo’ della sanità pubblica resta confuso”).

I Governatori delle Regioni lamentano di non essere stati coinvolti in questo processo informativo-decisionale.

Il Governo risponde che sono stati informati, ma effettivamente esiste una differenza abissale tra “informazione” e “condivisione”: e si tratta esattamente della stessa critica che viene giustamente manifestata dal Parlamento nei confronti dell’Esecutivo.

Così come la tanto decantata applicazione Immuni si è rivelata un fallimento… ora anche il “sistema informativo” del Ministero della Salute appare inadeguato all’emergenza in atto: eppure, proprio su questo “dataset” incompleto il Governo assume decisioni che determinano conseguenze importanti nella vita quotidiana di decine di milioni di persone.

Le decisioni assunte dall’Esecutivo, sempre tardivamente comunicate al Parlamento (che pure in democrazia dovrebbe essere il sovrano del “decision making”), evidenziano contraddizioni multiple: basti ricordare che, durante la prima ondata della pandemia, “le scuole” venivano considerate il più pericoloso focolaio (seppur indiretto) del virus e sono state presto chiuse; durante la seconda ondata, si tende a chiudere tutto, in prospettiva, ma non le scuole…

Quali dati ?! Si “gioca” coi dati, come se fossero dadi…

È penoso dover assistere ad una Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che chiede al (suo stesso) Governo sulla base di “quali dati” qualcuno – all’interno dell’Esecutivo – vorrebbe procedere ad una ri-chiusura delle scuole! Non esiste evidenza scientifica. Il Comitato Tecnico Scientifico e la Cabina di Regia non si pronunciano in modo chiaro ed univoco (chiediamo troppo, da cittadini?!), eppure il Governo attribuisce agli “esperti” le decisioni di chiusura.

Stessa dinamica – incomprensibile secondo la logica – riguarda la chiusura di cinematografi e teatri, allorquando uno studio promosso dall’Agis ha evidenziato che non si registrerebbero casi di virus che siano stati veicolati attraverso quei pubblici locali (che peraltro si erano ben attrezzati a rispettare le norme precauzionali).

E che dire della non meno irragionevole chiusura, da oggi, finanche dei musei, noti luoghi affollati da fiumi di turisti stranieri e finanche da tanti italiani che hanno improvvisamente scoperto la bellezza dell’arte?!

Ahinoi, si gioca coi numeri. Si gioca a dadi. Coi dati.

Si teorizza “scienza”, si pratica “nasometria”.

L’approssimazione al Governo.

Clicca qui, per leggere il report presentato dal Commissario Straordinario Domenico Arcuri il 5 novembre 2020 presso la sede di Invitalia, “L’emergenza Covid al 5 novembre 2020”.