Confermata anteprima Key4biz

ItsArt, la Netflix italiana della Cultura. C’è la pagina web ma è ‘quasi’ anonima

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Confermata l'indiscrezione di 'Key4biz': si chiama 'ItsArt' la piattaforma che vorrebbe divenire 'la Netflix italiana della cultura'. Ma su tutto il resto permane il mistero sull'operazione intrapresa da Mibact-Cdp-Chili.

Sarà stato l’effetto della stimolazione provocata dallo scoop IsICult sulle colonne di “Key4biz” venerdì scorso 8 gennaio (vedi “Si chiamerà ItsArt. Svelato il nome della ‘Netflix italiana della cultura’”)?

Oppure sarà stata semplicemente una premeditata azione tattica all’interno di una lungimirante strategia comunicazionale?

Fatto sta che nella mattinata di domenica 10 gennaio 2021 è apparsa una prima (semi) pubblica traccia di quanto abbiamo anticipato su queste colonne: la piattaforma che ormai viene definita (sempre impropriamente) “la Netflix italiana della cultura” è ufficiale, almeno a livello di “naming”, e si chiamerà “ItsArt”.

Online il sito web della piattaforma: perché non c’è il logotipo di Chili?!

Nella mattinata di ieri domenica è stato infatti pubblicato su web, all’indirizzo “itsart.tv” (avevamo già segnalato che il dominio “itsart.com” è già impegnato da un illustratore statunitense), una scarna pagina, che, se non fosse per i logotipi di Mibact e Cdp in calce, potrebbe essere definita quasi… anonima.

Si leggono infatti soltanto poche righe, su due colonne, in italiano ed in inglese: “ITsART è il nuovo palcoscenico virtuale per teatro, musica, cinema, danza e ogni forma d’arte, live e on-demand, con contenuti disponibili in Italia e all’estero: una piattaforma che attraversa città d’arte e borghi, quinte e musei per celebrare e raccontare il patrimonio culturale italiano in tutte le sue forme e offrirlo al pubblico di tutto il mondo”. Il titolo è semplicemente “Stiamo arrivando”.

Nessun “credit”, ma soltanto due contatti, uno per i contenuti (“Per inviare proposte di contenuti, eventi e manifestazioni culturali scrivere a content@itsart.tv”), uno per l’ufficio stampa (press@itsart.tv).

Il logotipo, con cromia verde / arancione, evidenzia – con il “lettering” alto / basso – che “ItsArt” si scioglie ovviamente in “It is Art”, con la “s” che è la contrazione di “is”.

Stesse laconiche informazioni sulla pagina Linkedin, nella quale appare però anche un logotipo contratto, con un “.IA”. La pagina (che alle ore 20 di domenica 10 vantava 39 “follower”) è schedata con alcune informazioni: come “settore” viene indicato “arti dello spettacolo”, come “dimensioni dell’azienda” è indicato “11-50 dipendenti”.  

Sui “social”, sono già emerse (a seguito del piccolo scoop di “Key4biz”) varie critiche su questa denominazione: non era proprio possibile evitare la solita deriva anglofona?!

D’accordo, la piattaforma ha anche un target internazionale, ma forse un po’ di sforzo creativo avrebbe consentito una denominazione più “italica”.

Da notare che in calce ci sono soltanto i logotipi di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo e di Cassa Depositi e Prestiti (anche se non sono cliccabili e quindi non riconducibili ad alcun link): assente il logo di Chili.

Perché non c’è il logotipo di Chili?!

Quel che è discretamente curioso è anche il carattere anonimo del sito web: chi lo ha registrato non ha nemmeno voluto rivelare la propria identità!

Il misterioso sito web di “ItsArt”…

Perché questo (altro) mistero?!

In effetti, come certifica “Whois” – ovvero il database che si pone come banca dati nella quale vengono raccolte le informazioni relative ai titolari dei nomi a dominio – chi ha registrato il sito web non ha proprio voluto rivelare la propria identità: si “nasconde” dietro il nome del “registrant”, ovvero dell’operatore tecnico che ha provveduto alla registrazione del dominio.

È una prassi inconsueta, e francamente poco comprensibile, dato il carattere pubblico (prevalentemente pubblico: la società che organizza la piattaforma è per il 51 % di Cdp e per il 49 % di Chili) dell’iniziativa.

Il database Whois è consultabile pubblicamente: di conseguenza tali informazioni possono essere visualizzate da chiunque. Ovviamente quando le informazioni vengono messe a disposizione: non è questo il caso.

Il dominio “itsart.tv” (schedato col codice “Registry Domain ID: 149608873_DOMAIN_TV-VRSN”) risulta essere stato registrato il 6 giugno 2020, ed aggiornato da ultimo il 6 novembre 2020.

È stato registrato da CoreHub s.r.l. (il cosiddetto “registrar”), una società specializzata spagnola, con sede a Barcellona, specializzata giustappunto in queste operazioni.

Perché una società… spagnola, non si comprende poi, dato che esiste una pluralità di imprese italiane che fanno lo stesso mestiere, ma forse si tratta di sano spirito… europeista.

Tutte le altre informazioni non sono rese pubbliche: né il nome della “organizzazione” per conto della quale è stata effettuata la registrazione da parte di CoreHub (immaginiamo si tratti di Cdp se non di Chili), né un indirizzo (fisico o telematico) che sia, né un contatto telefonico o una email… Se si vuole acquisire informazioni sul “dietro le quinte”, è necessario compilare un modulo sulla specifica pagina di CoreHub (“In case you need to contact the Registrant, Administrative Contact or Technical Contact of a Domain Name, please fill the form”).

Le ragioni di questa “schermatura” appaiono di difficile comprensione, fatta salva una strategia comunicazionale pregna di “mistery” (in epoca di “fiction” dominante, può anche essere saggia decisione strategica in termini di marketing).

È comunque veramente curioso che non risulti il logotipo di Chili nella home-page del sito web in costruzione. E nessuna traccia (proprio nessuna) di “ItsArt” sul sito di Chili stesso: incredibile, ma vero. L’ultimo segnale di vita risale al comunicato stampa del 12 dicembre 2020, intitolato “Piattaforma della cultura: Chili chiarisce il suo ruolo” (da segnalare che questo comunicato è stato evidenziato in home-page soltanto dal 10 gennaio 2021; prima era relegato nella sezione “Press Room”).

Entusiasmo alle stelle nello staff di Chili

Per comprendere un qual certo spirito infra-aziendale, è interessante riprodurre quel che Chiara Ghiorso, Head of Sales di Chili, scrive sul proprio profilo Linkedin in occasione della ufficializzazione della notizia, il 3 dicembre 2020, della nascita della piattaforma affidata a Chili: “noi non lavoriamo per Chili spa, noi siamo Chili e oggi siamo felici, al settimo cielo! Abbiamo raggiunto un traguardo straordinario, il più importante forse, che suona come un riconoscimento di tutto l’appassionato lavoro di questi ultimi 8 anni. Non è solo la più grande vittoria della nostra competenza, ma l’orgoglio e l’emozione di partecipare ad un progetto meravigliosamente importante per il nostro paese. Siamo stati scelti per sostenere TUTTE le performing arts italiane e per portarle in giro per il mondo… io oggi non riesco ad immaginare niente di più bello”. E conclude: “ho le lacrime agli occhi dalla commozione”. Come dire? Certamente, sembra non mancare energia motivazionale, nello staff di “ItsArt” di Chili!

Si ricordi che lo slogan di Chili è “Live Your Movie”, contrapposto a “Don’t just watch”, per rimarcare il nesso tra esperienza digitale, fruizione dell’opera e merchandising: la società si vanta di essere l’unico operatore in Italia ad offrire al potenziale consumatore questo “mix” di prodotti / esperienze, in una logica evoluta di “branded entertainment”. Si tratta di un mercato che – secondo stime Obe / Nielsen – è passato dai 170 milioni di euro del 2014 ai 506 del 2019, come segnalato nel volume “Brandedcontent&entertainment” della collezione “I Quaderni della Comunicazione”, pubblicato da AdcGroup nel giugno 2020. Come questa logica di marketing commerciale possa coniugarsi al meglio con la promozione delle arti, dello spettacolo dal vivo, dei beni culturali, non è agevole comprendere, ma il tentativo merita attenzione.

Va anche segnalato che in occasione del seminario “La sfida online: nuove opportunità nei modelli di produzione e di distribuzione per le piattaforme digitali”, promosso dal Mia – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo il 17 ottobre 2020 a Roma, due dei quattro “speaker” erano proprio i rappresentanti di Chili e di RaiPlay: eppure né Giorgio Tacchia, fondatore e Ad di Chili, né Maurizio Imbriale, Vice Direttore di Rai Play, hanno dedicato particolare attenzione alla “piattaforma della cultura” che li avrebbe potuti (che li potrebbe) vedere “convergenti”. Ricordiamo che Imbriale, in quell’occasione, ha però sostenuto con veemenza, rispetto al ruolo di Rai: “adesso siamo competitor di Netflix, Amazon o Disney+, non solo in qualità di distributori, ma pure come produttori, per portare pubblico più giovane alla Rai, nella fascia 18-44 anni”. Sarà…

Il mistero della piattaforma si infittisce, e la Rai resta a guardare

Insomma, “il mistero della piattaforma” si infittisce, ma certamente permane il quesito essenziale e fondamentale: perché il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo non ha ritenuto di coinvolgere attivamente la Rai?

E, ancora, perché la Rai non ha nemmeno informato il Consiglio di Amministrazione dell’iniziativa ministeriale, se due consiglieri (Riccardo Laganà e Rita Borioni) sono stati addirittura costretti a denunciare, il 14 dicembre 2020, con una lettera a firma congiunta, che non erano stati portati in alcun modo a conoscenza del progetto, allorquando parrebbe che Cassa Depositi e Prestiti abbia avviato un rapidissimo “beauty contest” ad inviti tra il 3 ed il 6 agosto 2020 (!!!), e che una qualche interlocuzione con Rai ci sia effettivamente stata?!

Soltanto in occasione del Cda del 16 dicembre (ed in risposta giustappunto alla sollecitazione dei due consiglieri) l’Amministratore Delegato Fabrizio Salini ha fornito una breve informativa: possibile che il Cda non venga coinvolto tempestivamente in una iniziativa che – almeno sulla carta – può essere strategica per la stessa funzione di “servizio pubblico” della Rai?

Ci si domanda che ruolo assegnano al Cda l’Amministratore Delegato Fabrizio Salini ed il Presidente Marcello Foa: accessorio?! consultivo?! optional?

Entrambi i consiglieri hanno manifestato il loro dissenso. Rita Borioni ha sostenuto con ironia che forse Salini non ha ritenuto di informare il Cda “probabilmente per non turbare le nostre giornate o forse perché non ci ritengono abbastanza affidabili. Perché di presepi e di piattaforme in cda non si è parlato mai” (così ha scritto in un post su Facebook) “perché, malgrado le lettere scritte insieme al collega Laganà per chiedere informative su questi ed altri temi, ancora non ho ricevuto alcuna risposta. Forse in Rai si preferisce usare la stampa, le veline, le indiscrezioni invece delle comunicazioni ufficiali per informare il cda anche su temi che, a mio modestissimo avviso, sono di competenza del Consiglio o di cui, almeno, il Consiglio nel suo insieme dovrebbe essere informato prima della stampa. Perché se queste notizie sono solo la punta dell’iceberg di ciò che non arriva in cda, non ci sono evidentemente le condizioni minime per deliberare. Lo sprezzo e la sufficienza con cui il cda (o almeno parte di esso) è trattato questi vertici dimostrano che manca terzietà e garanzie minime per svolgere un sereno e informato lavoro in cda”.

Forse, in casi come questo, la scelta di dimettersi – per dignità politica oltre che personale – potrebbe rappresentare un importante gesto simbolico di rottura, e forse determinare un ravvedimento di chi guida l’azienda Rai.

Ci domandiamo anche se Rai abbia consultato, su una questione così delicata e strategica, il socio di minoranza, ovvero la Società Italiana Autori Editori (si ricordi che il Ministero dell’Economia e delle Finanze – Mise detiene il 99,56 % e la Siae lo 0,44 % delle quote della Rai “società per azioni”). Si converrà che forse il socio Siae, seppur di minoranza, rappresenta circa 100.000 autori, ovvero la gran parte dell’anima creativa del sistema culturale nazionale. Magari… un parere, un consiglio, una suggestione… potevano essere utili, no?!

Perché il Ministero tace? Nessuna risposta alle interrogazioni parlamentari di M5S e Lega

Il Ministero tace.

Si ha notizia che il Segretario Generale del Mibact Salvo Nastasi abbia chiesto a Cdp (socio di maggioranza) di ri-tentare un ri-coinvolgimento di Rai, ma non è dato sapere se la sacrosanta istanza sia stata accolta da Cdp e soprattutto da Viale Mazzini.

Abbiamo dedicato molta attenzione all’iniziativa su queste colonne (si veda “Key4biz” del 1° dicembre, 4 e 7 dicembre), perché riteniamo che l’intrapresa sia veramente importante e strategica, soprattutto in questa fase di crisi acuta del sistema culturale nazionale, a causa delle imposizioni (alcune irrazionali ed irragionevoli) che il Governo guidato da Giuseppe Conte ha deciso di mettere in atto (in primis, la assurda quanto inutile chiusura di cinematografi e teatri e finanche musei), paralizzando di fatto l’intero settore.

Non riteniamo certamente che possa essere questa “piattaforma” la soluzione salvifica per il disastro in atto nelle industrie culturali e creative nazionali, ma essa potrebbe senza dubbio svolgere una funzione di supporto: accessoria e non essenziale, ma comunque utile. Se ben strutturata, se ben organizzata in relazione alla pluralità dei tanti (tantissimi) soggetti potenzialmente coinvolti.

Sarà però necessario comprendere qual è la strategia reale, qual è il business-model effettivo, quali sono le condizioni operative con cui la piattaforma nascente consentirà la promozione e l’offerta delle opere e del patrimonio culturale ed artistico nazionale.

Per ora, prevale una fitta nebbia.

Quel che è sicuro è che gli operatori del sistema culturale nazionale non sono stati minimamente coinvolti “ex ante” nell’iniziativa, allorquando una simile preventiva dinamica sarebbe stata naturale, sana, finanche ovvia.

Ancora senza risposte le interrogazioni parlamentari di M5S e Lega

Ed a distanza di molte settimane, peraltro, il titolare del Mibact Dario Franceschini non ha dato risposta alle due interrogazioni parlamentari che sono state presentate in argomento, da parte della Lega e del Movimento 5 Stelle, soprattutto rispetto al non adeguato coinvolgimento di Rai (RaiPlay / RaiCom): forse, allorquando riterrà di rispondere, sarà più chiaro comprendere il senso strategico dell’intrapresa.

Si ricorda che il primo atto di sindacato ispettivo sulla vicenda della “piattaforma” è stato presentato dalla Lega il 30 novembre 2020, prima firmataria la deputata Cristina Patelli (atto numero 4-07662) ed il secondo dal Movimento 5 Stelle, prima firmataria la senatrice Bianca Laura Granato (atto numero 3-02155) il 9 dicembre 2020. È trascorso oltre un mese. È pur vero che Dario Franceschini ha certamente altre faccende – più importanti – da affrontare (anche nella veste di Capo Delegazione “dem” nell’economia di un esecutivo dall’incerto futuro), ma la questione merita adeguata attenzione. Silenzio totale anche dalla grillina Sottosegretaria Anna Laura Orrico, sebbene ella detenga la delega per Cinema e Audiovisivo, e certamente la piattaforma, pur essendo in ambito “over-the-top”, utilizza prevalentemente gli strumenti dei media audiovisivi…

Per ora, ci si deve accontentare – in perdurante totale silenzio stampa da parte di Cdp e Chili – del “cooming soon” del sito-vetrina di “ItsArt” messo online domenica 10 gennaio 2021.

Leggi anche:

Clicca qui, per la homepage del sito web di “ItsArt”

Clicca qui, per vedere il promo di Chili per il Natale 2020.

Precedenti interventi sulla “Netflix italiana della cultura”:

“Key4biz” del 1° dicembre 2020, “La Netflix italiana della cultura. Realtà o fiction?

“Key4biz” del 4 dicembre 2020, “Ufficiale la Netflix della cultura. Rai e Cinecittà fuori dal gioco?

“Key4biz” del 7 dicembre 2020, “La ‘Netflix della cultura italiana’. Dubbi e perplessità

“Key4biz” dell’8 gennaio 2021, “Si chiamerà ItsArt. Svelato il nome della ‘Netflix italiana della cultura’”