Geopolitica

Le conseguenze geopolitiche della pandemia. Verso nuovi equilibri?

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Usa-Europa-Cina. L'epidemia da coronavirus potrebbe accelerare il mutamento di alcuni assetti creatisi a partire dal dopoguerra.

L’epidemia di coronavirus rappresenta non solo una tragedia umana e una crisi economica globale, ma un fattore di destabilizzazione che potrebbe mutare o accelerare il mutamento di alcuni assetti creatisi a partire dal dopoguerra.

La pandemia interviene in un momento delicato. Negli ultimi anni, la guerra commerciale tra Usa e Cina, nata all’interno del più ampio scontro per il primato tecnologico, ha creato molte tensioni. Se da un lato la pandemia potrebbe creare un ambiente favorevole alla cooperazione internazionale, dall’altro potrebbe aggravare le tensioni preesistenti tra le due maggiori economie del mondo.  

In Cina, il coronavirus ha danneggiato un’economia entrata già in una fase di rallentamento. Il Partito Comunista probabilmente cercherà stimoli a breve termine, tentando di gestire anche il pesante indebitamento delle imprese statali. Allo stesso tempo, dovrà spostare risorse per rafforzare un fragile sistema sanitario pubblico e far fronte all’invecchiamento della popolazione, ma non rinuncerà ad investire in tecnologia, trattandosi di un settore strategico per l’economia e per la difesa.

Il PCC, infatti, anche durante la crisi di Wuhan, per sorvegliare la sua popolazione ha continuato a sperimentare e ad utilizzare, con risultati positivi, le tecnologie di intelligenza artificiale, di riconoscimento facciale e i droni.

Soft Power e 5G

Oltre alle difficoltà sul piano interno, l’epidemia si pone anche come una grande opportunità. In primo luogo, sul piano interno, il superamento di una crisi tanto complessa gioverà alla Cina e favorirà l’unità nazionale e il consenso verso il partito, raffreddando la tensione con Hong Kong.  In secondo luogo, la crisi consentirà a Pechino di esercitare il suo soft power per riposizionarsi e ridurre la diffidenza nei suoi confronti, sia sul piano regionale, sia sul piano internazionale.

In questo senso, le prime mosse effettuate in Europa dalla Cina e dalle sue aziende, in particolare Huawei, con l’invio di personale medico e la donazione di materiali per la prevenzione e la lotta contro il coronavirus, sottolineano valori di solidarietà e cooperazione rispetto ai quali l’Occidente era storicamente considerato come vessillifero.

Non si tratta ovviamente di mera solidarietà, ma di un esercizio geopolitico in cui la Cina, nel solco della Belt and Road Initiative, tende la mano a un’Europa in grave difficoltà per sfruttare l’enorme vuoto che gli Stati Uniti stanno lasciando.

Si tratta di un punto fondamentale che potrebbe costare moltissimo agli Stati Uniti sia in termini di influenza sull’Europa, sia in termini di leadership tecnologica, stante la difficile partita sull’implementazione della rete 5G. La possibile stretta regolatoria di Washington contro Huawei infatti potrebbe portare benefici sul breve periodo, ma è una politica destinata a fallire sul lungo.

Usa

Negata in un primo momento dal presidente Trump, l’epidemia ha iniziato a diffondersi anche negli Stati Uniti con pesanti ripercussioni. Le tendenze infatti suggeriscono che gli Stati Uniti potrebbero attraversare una fase recessiva.

La pandemia giunge in un momento difficile in cui la guerra di prezzi tra Russia e Arabia saudita ha ridotto del 30% i valori sul mercato petrolifero, mettendo in crisi i produttori americani di shale-oil.

Secondo l’agenzia Moody’s, molte aziende non avrebbero più liquidità e il rischio di default sarebbe altissimo, stante la presenza di obbligazioni per 40 miliardi di dollari in scadenza quest’anno.

La congiuntura non favorevole per gli Stati Uniti potrebbe essere sfruttata ancora una volta dalla Cina, magari rinegoziando la “Fase 1” dell’accordo sui dazi per l’acquisto, nei prossimi due anni, fino a 200 miliardi di dollari di merci statunitensi, compreso petrolio, gas liquefatto (Lng), gas naturale (Gpl) e materie prime petrolchimiche. 

Europa

Dopo la Cina, l’Europa è l’area geografica maggiormente colpita dal coronavirus. Il pesantissimo bilancio in termini di morti sta mettendo in ginocchio diversi Paesi, facendo temere anche per la tenuta politica ed economica dell’Unione. 

L’UE infatti ha avuto successo finché l’economia europea si è espansa e gli effetti della globalizzazione sono rimasti gestibili. La crisi economica del 2008, i flussi migratori e il recesso della Gran Bretagna sono stati fattori che hanno evidenziato la rigidità e gli squilibri strutturali di una costruzione ancora incompleta.

Il risultato è stato un’ondata di sentimenti nazionalistici e una crisi di consenso e di fiducia verso l’UE nella popolazione europea, soprattutto quella dell’Europa mediterranea. La crisi economica che seguirà alla pandemia potrebbe incoraggiare ulteriormente questi sentimenti, minacciando l’esistenza stessa dell’Unione.

Il futuro dell’Ue

In un mondo dominato ormai da colossi, l’epidemia potrebbe essere l’occasione per ricostruire la fiducia, ricompattare le forze politiche e individuare la direzione da seguire nel prossimo futuro.

Sarebbe opportuno riprendere il progetto federalista dei padri fondatori e portare l’integrazione al suo ultimo stadio, ossia quello politico. Non si tratta di un percorso facile, considerando anche le difficoltà del negoziato e della ratifica del Trattato di Lisbona, ma pare essere l’unica via per garantire la sopravvivenza dell’Unione e affrontare le difficili sfide del futuro: sul piano interno, sul piano militare, con la creazione di un esercito europeo, e sul piano della politica estera.