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L’Australia si schiera con gli editori. ‘Google e Facebook pagheranno le news’

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L'Australian Competition and Consumer (ACCC) ha pubblicato la versione preliminare del nuovo codice di condotta dei media, annunciando gli obblighi per Facebook e Google.

Facebook e Google dovranno pagare i media tradizionali per pubblicare i loro contenuti.

La Commissione australiana per la concorrenza e i consumatori (ACCC) ha pubblicato la versione preliminare del nuovo codice di condotta dei media, annunciato in queste ore dal tesoriere Josh Frydenberg.

La bozza di codice consente ai media tradizionali di contrattare – individualmente o collettivamente – con Google e Facebook, al fine di essere pagati per le notizie che i giganti della tecnologia pubblicano sulle loro piattaforme.

Il collasso del mercato pubblicitario legato alla pandemia da Coronavirus ha aggravato l’urgenza di un problema che già minacciava il futuro del giornalismo australiano.

Nuove regole per Facebook e Google

Secondo il presidente dell’Australian Competition and Consumer Commission Rod Sims, il codice mira a risolvere lo squilibrio di potere contrattuale tra gli editori di notizie e le principali piattaforme digitali, per ottenere un pagamento equo per le news.

Vogliamo che Google e Facebook continuino a fornire questi servizi, che sono così apprezzati e utilizzati dagli australiani“, ha dichiarato Frydenberg.

Ma vogliamo che tutto questo operi alle nostre condizioni, che sia conforme alla nostra legge e innanzitutto che sia equo”, ha aggiunto. “Il regolamento chiederà alle piattaforme designate, in primo luogo Facebook e Google di “negoziare in buona fede gli accordi di pagamento alle organizzazioni australiane dei media”, ha precisato.

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Quello australiano diventerà così il primo governo a imporre un regime legale, che include penalità finanziarie attorno al comportamento delle piattaforme digitali che usano spazio non regolato per cannibalizzare e per profittare di contenuti prodotti dai media di news.

Il codice obbligatorio correggerebbe lo squilibrio e costringerebbe le compagnie a pagare per i contenuti che utilizzano, a condividere i dati sui propri consumatori e ad essere soggetti a regole sulla gerarchia di notizie pubblicate sulle piattaforme.

Cosa prevede il nuovo codice

Il progetto del nuovo codice introduce una serie di “standard minimi” per le piattaforme digitali da soddisfare nei loro rapporti con i media.

Questi includono l’obbligo per Google e Facebook di comunicare entro 28 giorni qualsiasi cambiamento algoritmico che influenzerà il traffico di riferimento alle notizie o la classifica delle notizie dietro i paywall.

La gamma di servizi di Facebook soggetta ad arbitrato include Facebook News Feed, Instagram e la scheda Notizie di Facebook. I servizi di Google sono Ricerca Google, Google News e Google Discover.

Il secco no di Facebook e Google

Cosa hanno intenzione di fare le big tech? Facebook ha già fatto sapere che non condividerà parte dei proventi generati in Australia con gli editori locali.

Anzi, il social network replica che anche estromettendo del tutto la condivisione delle notizie dalla piattaforma l’impatto sul proprio business sarebbe trascurabile.

Una presa di posizione dura quella del gruppo di Mark Zuckerberg: o così o nulla. La società ha sottolineato di aver generato 2,3 miliardi di click verso le pagine degli editori australiani nei primi mesi del 2020, dal valore equiparabile a 195,8 milioni di dollari.

A inizio maggio anche Google si è dichiarata in disaccordo con l’autorità, definendo la propria mansione al pari di quella di un’edicola e rifiutandosi dunque di staccare un assegno per poter continuare a condividere le news.

Nei giorni scorsi, la stessa commissione ha annunciato un procedimento legale contro Google, accusata di aver ingannato gli utenti per ottenere il loro consenso all’uso di dati personali per veicolare pubblicità mirate.

La risposta di Google

“Il pesante intervento del governo australiano minaccia di ostacolare l’economia digitale e incide sui servizi che possiamo offrire ai cittadini australiani. Il Codice non tiene conto del valore già significativo che Google fornisce agli editori su tutte le attività, inclusi i miliardi di clic che portano gratuitamente ai siti degli editori australiani, per un valore annuo di 218 milioni di dollari“, dichiara in una nota Mel Silva, Managing Director di Google Australia.

Il codice lancia un preoccupante messaggio alle imprese e agli investitori, ovvero che il Governo australiano è pronto a intervenire pesantemente invece di favorire le attività del mercato e mina l’ambizione dell’Australia di diventare leader dell’economia digitale entro il 2030. Il Codice stabilisce un disincentivo all’innovazione nel settore dei media e non fa nulla per risolvere le sfide fondamentali legate alla creazione di modelli di business adatti all’era digitale. Chiediamo ai decisori politici e ai legislatori di assicurarsi che il testo finale del Codice di Condotta sia basato sulla realtà commerciale, in modo da rispettare l’interesse dei consumatori australiani e preservando i benefici creati dal web, e allo stesso tempo senza favorire gli interessi dei grandi editori a spese di quelli piccoli.“, conclude Silva.

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