L'evento

Il mestiere del consigliere, a Roma il 29 ottobre la presentazione del libro ‘Il Metodo Machiavelli’ di Antonio Funiciello

di Diana Daneluz |

Il 29 ottobre al Centro Studi Americani di Roma andrà in scena una discussione che proverà a fare chiarezza su molte tematiche legate alla professione del relatore pubblico e del lobbysta e sarà l’occasione per indagare il “mestiere” dall’interno.

Il mestiere del consigliere del leader è una delle declinazioni più complesse della professione del relatore pubblico. Per questo, probabilmente, Antonio Funiciello – che ha ricoperto a lungo questo ruolo – lo ha scelto come oggetto del suo libro “Il metodo Machiavelli”, che sarà presentato martedì prossimo, 29 ottobre, alle 17,30, presso il Centro Studi Americani di Roma, in un dibattito organizzato dalla FERPI Lazio.

L’incontro si inserisce nel quadro di una serie di iniziative pubbliche che la Federazione Relazioni Pubbliche Italiana sta mettendo in campo per diffondere la cultura della professione, far conoscere meglio le radici delle “relazioni pubbliche” e ridefinire professionalità e ruoli dell’ampia compagine dei comunicatori che ne fanno parte.

Il libro

I «consigliatori», come li definiva Machiavelli, sono chiamati a gestire in anonimato e con «libertà, verità e umanità» le intersezioni del potere, per aiutare il leader ad avere il giusto quadro della situazione e solo dopo prendere una decisione. Non è questa, tuttavia, almeno in Italia, l’idea che si ha di queste funzioni, che anzi sono spesso poco conosciute o fraintese. Proprio per fare luce su un compito che l’Autore ha svolto con passione, Funiciello lo racconta, lucidamente, tra le sue luci e e le sue ombre, in pagine che si snodano via via come in un avvincente romanzo, servendosi di Machiavelli, certo, ma anche di altri personaggi storici tra i quali alcuni che certo non avevamo pensato, fin qui, di inquadrare come relatori pubblici.

In un momento di evidente disaffezione alla politica e al fare politica da parte dei più giovani, con poche eccezioni come il più recente loro impegno per il clima, una disaffezione che ha ragioni molteplici tra cui anche il modo di comunicare la politica stessa  ha il suo peso, questo libro, che non rinuncia ad un approccio scientifico – il metodo, appunto, – si candida a diventare un manuale prezioso per le scuole di relazioni pubbliche e di comunicazione, non solo politica. Pagine che illuminano proprio lo spazio – e i suoi attori – in cui si compiono le scelte, spazio decisivo per la gestione dei sistemi complessi e, soprattutto, per le democrazie. Proprio il “consigliere” è infatti chiamato a proteggere, ma anche criticare, il capo e a svelare il sistema rappresentativo del pensiero e della scelta politica. «Per Machiavelli è nel complesso processo di formazione della decisione che il consigliere assume un ruolo decisivo», scrive Antonio Funiciello. Che ricorda anche la posizione di Hannah Arendt nel libro ‘Verità e Politica’: «Quante più posizioni altrui ho presente nella mia mente mentre sto ponderando una data questione, e quanto meglio posso immaginare come sentirei e penserei se fossi al posto di queste persone, tanto più forte sarà la mia capacità di pensiero rappresentativo e tanto più valide saranno le mie conclusioni finali, la mia opinione». Questo il metodo di ascolto e di formazione della scelta pubblica, che non può prescindere dalla presenza discreta, attenta ed efficace del consigliere del leader.  Nell’ascolto e nella considerazione degli interessi rappresentanti dagli stakeholder e dai lobbisti c’è la parte fondamentale della costruzione del processo democratico. Consiglieri e rappresentanti di interessi che studiando e dialogando contribuiscono alla scelta che il leader dovrà fare per il bene comune.

Il consigliere non ha, e non ha avuto, una vita facile. Sempre per Machiavelli – ci ricorda Funiciello – i consiglieri, se non sono assassinati, sono spesso costretti all’esilio: dai Medici fu impedito al segretario fiorentino di ritornare nella sua amata Firenze. «Non c’è mestiere più scomodo al mondo di chi sceglie di lavorare accanto a un leader. È una condizione di equilibrio precario, suscettibile a variare in ogni momento», dove se i consiglieri non hanno il coraggio di dire la verità, «mancano dell’ufficio loro»; «se invece il coraggio non gli manca e si spingono a consigliare un’impresa temeraria, entrano in pericolo della vita e dello stato. L’errore che commettono i leader, secondo il nostro segretario, è limitarsi a giudicare i buoni e i cattivi consigli dal fine. Ma come? Machiavelli non era il demonio del fine che giustifica i mezzi? No. Non l’ha mai scritto. Né l’ha mai pensato. La leggenda nera di Machiavelli di cui scriveva Mario Praz, è, appunto, una leggenda».

“Il metodo Machiavelli” ci porta dentro i meandri del processo di formazione della decisione politica e nelle sue declinazioni di gestione della complessità. Anche senza definirle in questo modo, le pratiche descritte da Funiciello sono percorsi di scienza manageriale e strategia per la creazione di valore. Tutti argomenti fondamentali, sia in linea teorica che in linea pratica, per chi si occupa di comunicazione, public affairs, spin doctoring, e tutte le varie declinazioni delle relazioni pubbliche. Come non trovare assonanze ed intersezioni metodologiche fra il processo di formazione della scelta politica e i percorsi di decisione strategica  delle aziende? Il consigliere, del resto, è il punto di contatto fra gli interessi della società, delle imprese e dei vari portatori di interessi e la politica. Ed è da quell’incontro che poi si formeranno le decisioni politiche che creeranno valore condiviso se la scelta è corretta e rappresentativa.

Funiciello scrive: «La politica è una cosa dannatamente complicata. Chiunque ecceda nel semplificarla non potrà mai capirla. Gli elementi che concorrono a formulare un consiglio o un parere, o quelli che intervengono nel lavoro dei «consigliatori», quando questi s’industriano a istruire una pratica su mandato del proprio leader, sono numerosi e spesso è impossibile coglierli tutti. Non solo. Oltre a essere tanti, sono estremamente variabili, «essendo le cose umane sempre in moto». Il movimento inquieto delle cose umane modifica gli elementi dell’analisi e della formulazione del consiglio. E per quanto il bravo consigliere possa (e debba) tenere presente questo movimento, egli sa bene (e dovrebbero saperlo anche i leader) che l’intima natura di tale movimento è l’imprevedibilità. Poiché nella politica, a differenza delle altre attività dell’ingegno e dello spirito, tutto conta e tutto pretende di contare.

Quest’ultima, forse, è la più importante differenza fra il mondo della politica e il mondo aziendale; anche se, al crescere della complessità, dell’allargamento dei confini e delle variabili della geopolitica, anche un amministratore delegato ha sempre di più la necessità di avere un consigliere che sia capace di gestire il numero crescente di variabili indipendenti che possono inficiare scelte strategiche d’impresa. E le differenze, del resto, diminuiscono al crescere della disintermediazione del digitale. Una similitudine per tutte è quella dell’adulazione. Funiciello riporta ciò che scrisse Francis Bacon al suo amico George Villiers: «Ricorda qual è la tua vera condizione: il re è al di sopra del popolo, ma non può essere al di sopra delle sue critiche; e tu sei la sua ombra… Ricorda bene la grande fiducia che ha per te: sei come una sentinella sempre in servizio, sempre pronta ad offrire al re tutta la tua intelligenza. Ma se lo aduli, tu lo tradisci; se gli nascondi la verità su tutto ciò che attiene alla giustizia e all’onore, allora sei pericoloso come un traditore, come chi muova in armi contro di lui». Dovremmo tutti insieme ricordare più spesso questo scritto di Bacon, fondatore del metodo induttivo, che già all’inizio del ‘600 dimostrava di considerare nella giusta luce l’arte delle relazioni pubbliche e il mestiere del consigliere.

L’evento

Il 29 ottobre al Centro Studi Americani, oltre all’Autore, Antonio Funiciello, saranno presenti come discussant: Marta Dassù, Editor in chief di Aspenia e Senior Advisor European Affairs di The Aspen Institute, già vice ministro degli Affari Esteri; Marco Simoni, Presidente della Fondazione Human Technopole, già consigliere economico di Palazzo Chigi; Niccolò Invidia, deputato, coordinatore dell’Inter-gruppo parlamentare aerospazio e coordinatore dell’Inter-gruppo per l’innovazione; Mario Fiorentino, Direttore Generale Mise per la politica industriale, innovazione e Pmi. Modererà Vincenzo Manfredi, Public Affairs Manager e Delegato nazionale della Ferpi Advocacy e Public Affairs.

Sarà una discussione che proverà a fare chiarezza su molte tematiche legate alla professione del relatore pubblico e del lobbysta e sarà l’occasione per indagare il “mestiere” dall’interno, dal punto di osservazione di chi è stato egli stesso “consigliatore”, anche come capo di gabinetto del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

Un “mestiere” che esiste praticamente da sempre, ma che le crescenti esigenze di trasparenza e sostenibilità di tutte le operazioni di scelta strategica, in vista del raggiungimento di obiettivi di sempre maggiore complessità e di contemperanza di esigenze le più diverse e diffuse, rende forse – la FERPI ne è convinta – più che mai necessario.