Web e fisco

Google, più vicino l’accordo con il fisco italiano

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L’azienda è stata sentita dalla Procura di Milano e presto potrebbe esserci l’accordo sul contenzioso fiscale da 800 milioni di euro.

Mentre nella Ue è bufera dopo che ieri l’Antitrust di Bruxelles ha notificato il proprio ‘atto di accusa’ a Google, per possibile abuso di posizione dominante, tirando dentro anche Android, in Italia si registrano nuovi sviluppi per il dossier che coinvolge l’azienda di Mountain View e il fisco italiano.

Stando a quanto riposta stamani IlSole24Ore, sembra essere più vicino l’accordo tra Google Italia e la Procura di Milano per mettere fine al contenzioso fiscale da 800 milioni di euro.

Già a febbraio si era vociferato di un accordo da 320 milioni di euro che l’azienda avrebbe dovuto versare per sanare la propria posizione.

Un accordo in realtà poi smentito dal gruppo e dalla Procura che però confermavano le indagini in corso.

La novità di oggi è che lo scorso 13 aprile le parti si sono incontrate in Procura a Milano e secondo fonti vicine all’inchiesta, sentite da IlSole24Ore, l’esito di tale incontro sarebbe positivo.

Presto quindi potrebbe essere suggellato un accordo di pace tra Google e il fisco italiano.

Con un’indagine a carico di ignoti, coordinata dal Pm Isidoro Palma e affidata alla Guardia di Finanza, si è, infatti, accertato che il gruppo avrebbe aggirato il fisco sugli introiti pubblicitari pagati dai clienti italiani ma contabilizzati in Irlanda e alle Bermuda passando per l’Olanda.

Dall’istruttoria è emerso che, malgrado il servizio fosse pensato, contrattato e svolto da Google Italia, fatture e pagamenti venivano invece indirizzati alla controllata irlandese.

Un sistema che permette alla società di abbattere notevolmente le proprie tasse.

La notizia segue di qualche settimana quella che ha riguardato la chiusura dell’indagine, sempre della Procura di Milano, su un’altra web company che elude il fisco, Apple, che avrebbe evaso 879 milioni di euro.

Si comincia a stringere il cerchio intorno alle multinazionali di internet che ricorrono ai sistemi di ottimizzazione fiscale per pagare meno tasse, traghettando i profitti verso Paesi con regimi tributari più compiacenti.

Parliamo dei cosiddetti paradisi fiscali contro i quali la Commissione Ue ha annunciato l’ennesimo giro di vite. E anche l’OCSE si è attivata su questo fronte, siglando lo scorso settembre un accordo con il G20 contro l’elusione fiscale.

E la politica cosa fa?

Se lo chiede anche il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, che commentando le due indagini della Ue a carico di Google, si è domandato: “Perché la politica deve sempre aspettare le inchieste e le sanzioni?”.

Il parlamentare ormai noto come il padre della Web Tax ha rilanciato, sostenendo: “E’, ormai, evidente a tutti lo strapotere che, al tempo dell’economia digitale, hanno conquistato le multinazionali del web. C’è un oggettivo problema di monopolio di fatto, un abuso di posizione dominante nel mercato della ricerca su internet, nel controllo del mercato e delle informazioni sensibili. Per non parlare della più grande elusione fiscale ed emorragia finanziaria della storia del capitalismo globale”.

Per Boccia, però, “la politica appare, più o meno volutamente, incapace di tenere il passo con lo stravolgimento che l’economia digitale sta portando alle vite di ciascuno di noi, che, però, minando i principi della concorrenza leale e dell’equità fiscale, rischia di farci diventare tutti più moderni ma, certamente, più poveri

“Tocca ai legislatori – ha concluso Boccia – dimostrare di essere all’altezza della storia che viviamo. E la politica in Europa appare inerme, capace soltanto di rimandare il problema senza mai affrontarlo nel merito”.