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Google e Facebook, indagini antitrust anche negli Usa. Dall’entusiamo alla stretta sulla Silicon Valley

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Big G finisce nel mirino per sospetto abuso di posizione dominante sul fronte della pubblicità e della ricerca sul web. A lanciare l'indagine 50 procuratori generali di 48 Stati. Invece un altro gruppo di otto Stati guidati dalla procuratrice generale dello Stato di New York ha avviato indagine antitrust su Facebook.

La notizia era stata annunciata venerdì scorso ed ora è ufficiale: è scattata ufficialmente la stretta contro Google da parte di 48 Stati degli Usa, gli unici due che non partecipano all’indagine antitrust sono la California, dove l’azienda ha la sua sede centrale, e l’Alabama. Così Big G è finito nel mirino per sospetto abuso di posizione dominante sul fronte della pubblicità e della ricerca sul web. A lanciare l’indagine antitrust sono stati 50 procuratori generali di 48 stati, del District of Columbia, dove si trova la capitale federale Washington, e del territorio di Porto Rico.

L’obiettivo – come ha spiegato il procuratore generale del Texas, lo stato capofila dell’iniziativa – è verificare se l’azione del colosso di Mountain View rappresenti una minaccia per la libera concorrenza e la tutela dei consumatori. Un aspetto su cui negli Stati Uniti è stata aperta anche un’inchiesta a livello federale con il Dipartimento di giustizia e la Federal Trade Commission che già a fine agosto hanno chiesto ai responsabili di Google documenti e dati. Richiesta simile a quella che quasi certamente verrà avanzata nei prossimi giorni e nelle prossime settimane dalle autorità dei singoli stati Usa in quella che si configura come un’indagine bipartisan.

“Quando non ci sono più un libero mercato e una libera competizione questo porta inevitabilmente ad un aumento dei prezzi e a un danno per i consumatori“, hanno affermato in conferenza stampa il procuratore texano Ken Paxton e quello della Florida Ashley Moody. Non c’è pace dunque per Google, che in Europa è stata già multata per violazione delle norme antitrust con 9 miliardi di dollari negli ultimi tre anni e che di recente ha ricevuto una multa da 170 milioni di dollari inflitta dall’autorità federale Usa per violazione della privacy dei minori attraverso la sua controllata YouTube.

“Ci siamo riuniti in un’indagine così importante. Mentre democratici e repubblicani provengono da partiti diversi, abbiamo la responsabilità di proteggere i cittadini dei nostri stati”, ha spiegato Ashley Moody, un procuratore della Florida,

La Silicon Valley nel mirino

Ma è tutta la Silicon Valley nel mirino. Basti pensare anche all’indagine antitrust lanciata contro Facebook da un altro gruppo di otto stati guidati dalla procuratrice generale dello Stato di New York Letitia James. E la società guidata da Mark Zuckerberg è reduce dalla stangata da 5 miliardi di dollari per la violazione dei dati personali nello scandalo di Cambridge Analytica. E’ cambiato negli Usa l’atteggiamento verso le big tech: dall’entusiamo si è passati, finalmente, alle indagini antitrust, che sono una prassi nell’Ue verso i giganti del web da ormai 15 anni: era il 2004 quando Mario Monti, allora commissario europeo per la concorrenza, multò Microsoft con 497 milioni di euro. “Alla fine ho dovuto prendere una decisione nell’interesse della concorrenza e dei consumatori in Europa e ritengo che, da questo punto di vista, la soluzione migliore sia una decisione che crei un importante precedente”, dichiarò Monti, che aggiunse: “È infatti essenziale disporre di un precedente che fissi principi chiari per il comportamento futuro delle imprese che detengono una posizione dominante sul mercato di questa portata”.

Le modalità adottate dall’Unione per sanzionare la società fondata da Bill Gates sono diventate negli anni un modello a livello internazionale per azioni legali simili.