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Gli effetti negativi della compulsione digitale sul sonno

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A partire dalla mancanza di memoria testimoniata dal fenomeno dello sleep texting, in cui non ci si ricorda dei messaggi inviati o letti di notte nel dormiveglia, fino ad avere difficoltà di concentrazione e memorizzazione in attività di apprendimento e ad aprire la strada a vissuti depressivi e ansiosi: ecco i pericoli di un uso smodato del digitale.

La trasformazione digitale delle nostre vite, ha cambiato in pochissimo tempo le nostre abitudini e le nostre attività consuete riprogrammando tempi e modi di gestione di momenti fondamentali per il nostro equilibrio psicofisico.

Primo fra tutti il ritmo sonno-veglia che sotto l’onda dello tsunami virtuale è una delle attività cerebrali per eccellenza che vengono alterate da un uso scorretto degli strumenti digitali, generando effetti a lungo termine, già studiati dalle neuroscienze in relazione agli effetti sul cervello della deprivazione del sonno.

La scienza e la messa alla prova diretta di ciascuno di noi, bambino, adolescente e adulto, non fanno altro che confermare che il sonno è salutare, sedimenta le informazioni acquisite nel corso della giornata, le mette in ordine e le rielabora in termini di output informativi del nostro inconscio che fa del sogno la sua via maestra espressiva, opportunamente valutata dalla psicoanalisi.

Il ritmo circadiano sonno/veglia è fondamentale per il buon equilibrio psico-fisico, per essere in salute, per essere più produttivi, per apprendere, memorizzare e mantenere uno stato di benessere generale.

Il sonno, momento di tregua e rigenerazione, ha subito e sta subendo l’impatto della rimodulazione della quotidianità a seguito dell’infiltrazione delle strumentazioni digitali su gesti, comportamenti, azioni, uscendone logorato ed inficiato soprattutto per i giovani che non lo hanno ancora relegato in uno spazio di tutela e protezione.

Multitasking che crea confusione e altera spazi di attività cerebrali che devono mantenersi isolate nettamente da altre. On-Off cerebrale garantito dal riposo notturno che l’uso scorretto e poco consapevole della tecnologia ha alterato.

Ci si addormenta con il cellulare in mano, sotto al cuscino, si lascia nelle mani fino all’ultimo secondo, ci si ipnotizza a guardare le storie Instagram che scorrono sullo schermo e che fanno da ninna nanna iconica al crollo del corpo, che si abbandona stremato tra le braccia di Morfeo. Ultimo video della storia di Ilaria su Instagram, ultima puntata della serie tv preferita su Netflix e il corpo crolla sotto l’imperativa richiesta di un cervello che chiede di rielaborare informazioni, mettere ordine e silenziare il caos digitale che alla lunga nel tempo, sappiamo portare a disconnessioni importanti rispetto alla nostra connessione vitale. Non è un caso che gli Hikikomori, nella loro testimonianza di ritiro sociale e chiusura dissociativa nell’ambiente digitale, invertono il giorno con la notte. Riposo come stacco momentaneo nella vita di tutti i giorni e azione notturna quando il mondo a livello globale si disattiva e si spegne, ricalcando in modo violento e drammatico il loro voler essere fuori.

Prima di arrivare al disagio vero e proprio che fa del Web un amplificatore e una cassa di risonanza di un disagio che la società non è riuscita a cogliere e che trova nel web la sua traduzione digitale, abitudini comuni possono alterare attività necessarie al buon funzionamento cerebrale e assumere forme compulsive che alla lunga possono arrecare danni al benessere psicologico. Non solo nel sonno ci rigeneriamo quindi, ma la nostra vita psichica ne beneficia sia in termini di benessere fisico che in quello di benessere mentale. Smartphone acceso che continua a vibrare e ad alterare il ritmo del sonno nel corso della notte. Ci si sveglia, cercando di individuare a tastoni, sotto le coperte, sotto il cuscino, sotto al letto, l’oggetto transizionale digitale, condensato affettivo e relazionale di tanti adolescenti, destandosi di colpo, perché è arrivato l’ennesimo messaggio o perché si vuole controllare se Sonia è online, o ancora perché si scaricato e non si trova, o perché ci siamo dimenticati di impostare la sveglia e siamo in ritardo per andare a scuola. Il disturbo digitale del sonno fa si che si passi dall’addormentamento al risveglio, in un’alterazione dei cicli del sonno (che sappiamo essere 5 (addormentamento-sonno leggero-sonno profondo-sonno profondo effettivo- fase REM), in cui lo stravolgimento dell’alternanza, alterata dalle notifiche che arrivano sulla smania del controllo, portano a vivere uno stato alterato di coscienza in cui non si permette al cervello di avviare o concludere il suo processo di rigenerazione completo.

E gli effetti a lungo termine ci sono. A partire dalla mancanza di memoria testimoniata dal fenomeno dello sleep texting, in cui non ci si ricorda dei messaggi inviati o letti di notte nel dormiveglia, fino ad avere difficoltà di concentrazione e memorizzazione in attività di apprendimento e ad aprire la strada a vissuti depressivi e ansiosi che sono connessi in modo diretto ad un utilizzo compulsivo della tecnologia come testimoniato dalla comunità scientifica a livello internazionale.

Dallo stravolgimento di abitudini al disturbo di attività fisiologiche fino alla patologia. Circuito vettoriale che nell’assimilazione e nell’ accomodamento del digitale, per dirla con Jean Piaget, alle nostre vite, si evidenzia come usi e consumi vengano assimilati e riconformati nell’adattamento personale e collettivo di ciascuno, tenendo conto di distinte conformazioni strutturali e molto spesso vulnerabilità, che fanno assumere all’oggetto digitale valore di strumento utile o generatore/rilevatore di disagio.

Non è un caso che a livello preventivo, le linee guida nazionali ed internazionali sull’uso corretto dei device segnalano il momento della Buona Notte, nella sua accezione di rituale condiviso affettivamente nell’infanzia, come zona out dalla tecnologia, a tutela del rispetto di un’attività che deve mantenersi sacra.