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Domani il ‘Piano Industriale’ Rai in Commissione Vigilanza

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Note a margine rispetto ad un documento che è “top secret” soltanto in teoria. Oltre 500 pagine ricche di informazioni, ma con pochi dati afferenti alle conseguenze della riforma “per generi”. Perché non provocare un pubblico dibattito?!

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Come è noto, mercoledì 6 marzo 2019 il Consiglio di Amministrazione della Rai ha approvato, a larga maggioranza (5 consiglieri a favore, 2 consiglieri contrari) il “Piano Industriale” di Viale Mazzini per il triennio 2019-2021 (vedi “Key4biz” del 6 marzo 2019, “Rai. Oggi in cda il piano industriale 2019-2021, con l’assetto ‘content-centric’ e le nuove 9 direzioni”).

Si tratta di un documento che reca nella copertina del testo principale – ovvero il “Piano Industriale” vero e proprio – e dei suoi cinque allegati una formula rituale, ovvero “strettamente confidenziale e non divulgabile”.

Gli allegati sono intitolati: “Piano Editoriale e dell’offerta televisiva Rai 2019-2021” (Allegato 1), “Progettazione per la realizzazione dei canali dedicati all’offerta estera e in lingua inglese Rai 2019-2021” (All. 2), “Piano per l’informazione istituzionale Rai 2019-2021” (All. 3), “Piano per l’informazione Rai 2019-2021” (All. 4), “Progetto di tutela delle minoranze linguistiche” (All. 5).

Il documento è stato consegnato ai membri del Consiglio di Amministrazione un paio di giorni prima della riunione del 6 marzo, e già questo lasso temporale così contenuto stimola delle perplessità: trattandosi complessivamente di oltre 500 pagine di materiali (seppur sotto forma di slide), come si può pensare che si possano studiare seriamente simili documenti in un così poco tempo?! Ovvero, i consiglieri sono stati messi nelle pre-condizioni per analizzare seriamente un documento così importante?!

Si tratta di documenti segreti?! Il dibattito è aperto.

Anzitutto, una questione di metodo: che circolazione “interna” a Viale Mazzini hanno questi documenti? Al di là dei 7 consiglieri, si stima che questi documenti “circolino” nelle stanze di circa 30 dirigenti apicali dell’azienda, come è naturale che sia, anche soltanto considerando coloro che sono stati coinvolti nella gestazione dello stesso. A questi, si aggiungono forse 10 dirigenti del Mise, ed i componenti delle 3 “Commissioni Paritetiche” Mise-Rai previste dal “contratto di servizio”. E fin qui siamo a 40… eletti.

La Commissione di Vigilanza Rai ha diritto di acquisire il “piano industriale”?!

La risposta non è esattamente univoca, ma si ha ragione di ritenere che si tratti di una richiesta legittima.

In effetti, il “contratto di servizio” in essere prevede che Rai trasmetta alla Vigilanza soltanto il “piano news”, e Viale Mazzini non è obbligata – per legge e per contratto – a trasmettere tutta la documentazione a Palazzo San Macuto. Si tratta di fatto di una sorta di “cortesia istituzionale”. Così è avvenuto in passato, e così è avvenuto anche nei giorni scorsi.

La Rai ha quindi ritenuto di trasmettere alla Vigilanza tutta la documentazione che è stata sottoposta al vaglio del Cda in occasione della riunione del 6 marzo.

E qui ci dilettiamo ad una riflessione degna di un… agente dell’“intelligence”. Tutta la documentazione è stata messa a disposizione dei membri del Cda con file in formato .pdf “chiuso”, ovvero non modificabile: perché?! Perché si teme che i consiglieri possano far “uscire” questi segretissimi documenti.

I file sono quindi tutti… marchiati a sangue: ovvero nella texture di ogni pagina è riportato, a caratteri cubitali e trasversalmente, il cognome del destinatario.

A parte la dimostrazione di grande fiducia nei confronti dei membri del Cda (…), si osservi che questa marchiatura è così evidente (invece che essere in un tenue grigio è quasi in neretto) da rendere assolutamente fastidiosa la lettura dei documenti, che si caratterizzano – in molte pagine – per grafici e figure in quadricromia. Se chi redige queste noterelle fosse stato uno dei consiglieri Rai, avrebbe denunciato a Presidente ed Amministratore Delegato l’assurdità di una fruizione di fatto… tecnicamente ostacolata (in nome di una presunta esigenza di riservatezza): in fondo, forse un (in)volontario intento di non stimolare la lettura?!

I file .pdf che sono stati trasmessi alla Commissione bicamerale hanno la stessa caratteristica, ma, a differenza di quel che avveniva nel passato, la Rai ha assunto questa volta una decisione “iconologica” differente: non c’è il nome del singolo parlamentare, ma semplicemente la formula “Commissione Parlamentare di Vigilanza”.

Questo timbro è però apposto soltanto su 4 file dei 6 complessivi, ovvero sul “Piano Industriale” e gli allegati “1” (piano editoriale offerta televisiva), “2” (canale in inglese ed istituzionale), e “5” (tutela minoranze linguistiche). Gli altri 2 allegati (ovvero il “3”, informazione istituzionale ed il “4”, ovvero il piano per l’informazione) non sono marchiati “Cpv” (acronimo della Vigilanza), né nel titolo dei file pdf né nella texture interna delle pagine. Come dire?! Quasi a sostenere che sono meno… riservati?! In verità, il documento forse più rilevante è proprio l’allegato 4 ovvero il “piano per l’informazione”.

I componenti della Commissione di Vigilanza Rai sono 40.

Quindi, ad oggi, lunedì 18 marzo 2019, è verosimile stimare che questi documenti “segretissimi” sono nelle mani di circa 90 eletti (nel senso di “eletta schiera”).

Anche la Commissione Parlamentare ha ricevuto questi documenti soltanto un paio di giorni prima della prevista audizione dell’Amministratore Delegato Fabrizio Salini nonché del Presidente Marcello Foa, e non è casuale che essa sia stata spostata da giovedì scorso 14 marzo a domani martedì 19 marzo, alle ore 20 (ma è un orario adatto?! deputati e senatori saranno stanchi assai, a fine giornata; era stata dapprima fissata per le 8.30, e poi è stata rimandata), anche per consentire agli eletti (in questo caso… senatori e deputati) di dedicare qualche ora a sfogliare almeno le 500 pagine.

Uno dei parlamentari più attivi della Vigilanza, il piddino Michele Anzaldi (che è anche Segretario della Commissione), dopo aver sfogliato i “tomi”, ha preso carta e penna e – con la sua abituale “vis polemica” – ha chiesto al Presidente Alberto Barachini (Forza Italia) di denunciare la scorrettezza di Rai, che – a parer suo – avrebbe trasmesso alla Commissione documenti “tagliati e incompleti”.

Essendo tra i privilegiati (…) che ha avuto accesso ai documenti – sia dal fronte Rai sia dal fronte parlamentare – possiamo rassicurare il senatore Anzaldi: la Rai ha trasmesso alla Vigilanza esattamente tutto quello che è stato sottoposto alla valutazione del Cda il 6 marzo. Non 1 pagina in meno.

E qui si pone un problema più generale: questo documento – tra piano ed allegati – è tecnicamente all’altezza delle sfide che il duo Marcello Foa Presidente e Fabrizio Salini Amministratore Delegato si pongono?!

Abbiamo letto con attenzione le oltre 500 pagine: si caratterizzano per un layout efficace, bella impaginazione e ricca quadricromia, un eccellente lavoro di infografica insomma. Volendo essere maligni, si potrebbe commentare: “e vorrei pure vedere, considerando che Rai paga ben 1,1 milioni di euro a The Boston Consulting Group (Bcg), per questo… supporto consulenziale!”.

Le parti “scenaristiche” sono ricche di dati, anche se con fonti plurali e assai poco uniformate e validate. Un interessante approccio mediologico, ma purtroppo con varie… bucce di banana (metodologicamente intese).

Una delle più incredibili è questa: per portare acqua al mulino della controversa “riorganizzazione per generi” (le famose 9 nuove direzioni, più la direzione suprema di coordinamento), viene riprodotto il funzionigramma di France Télévisions, che sembra essere stato veramente… copiato, anzi ricalcato, dagli architetti della nuova organizzazione Rai.

Nel documento si legge che quella “per generi” è (sarebbe) la tendenza dei “public service broadcasting” in tutto il pianeta, ma i super-consulenti di Bcg si sono ben guardati di riproporre accuratamente i funzionigrammi delle principali emittenti televisive pubbliche europee, France Télévisions e Bbc a parte: insomma, l’analisi comparativa internazionale appare debole, se non addirittura strumentale ed eterodiretta (“debbo portare acqua al mulino di quella tesi, e quindi propongo un set di dati funzionali”).

Quel che colpisce è la pochezza e debolezza dei dati “interni”, ovvero afferenti all’organizzazione ed all’economia infra-aziendale: le informazioni messe a disposizione sono veramente poche e deficitarie.

In particolare, si osserva una sorta di incredibile “gap” tra le previsioni del “contratto di servizio” e questa documentazione: molte delle questioni innovative previste dal nuovo contratto sono completamente ignorate, a cominciare dall’“indice di coesione sociale”, ovvero l’esigenza di una Rai sempre più attenta dalla dimensione del “sociale”.

Un’altra chicca?! Le decine di paginette dedicate al canale in lingua inglese ed al canale istituzionale sono veramente deboli, e non si comprende la ragione di questa fragilità documentativa (come dire?! 1.100.000 euro non sono forse un budget sufficiente per un’analisi approfondita???).

Ancor più grave la incerta quantificazione dei costi (sia della riorganizzazione per generi, sia delle nuove iniziative) che è veramente superficiale e nasometrica: esemplificativemente, appunto, leggendo i documenti, sembrerebbe che siano previsti, per i due canali, 60 milioni di euro per il triennio, che corrispondono complessivamente a 20 milioni l’anno per entrambi. Non viene nemmeno precisato quanto all’uno e quanto all’altro: incredibile, ma vero! Si tratta comunque di budget a dir poco ridicoli, soprattutto per quanto riguarda il canale internazionale. Nozze coi fichi secchi.

È rispettato lo spirito del nuovo contratto di servizio?! Non ci sembra proprio.

Già soltanto questo dato – che abbiamo estrapolato (senza violare alcuna consegna di segretezza, riteniamo) – la dice lunga: è questo un “piano industriale” degno di questa definizione?! No. Non è un “piano industriale”, bensì una grossa bozza, una messe di dati, che deve essere ancora riempita di contenuti reali e di budget realistici.

Di grazia, come si può sottoporre al Consiglio di Amministrazione un documento sì corposo ma così generico ed evanescente?!

Non resta da augurarsi che la Commissione di Vigilanza abbia coscienza della gravità della dinamica in atto: non è con una simile debole strumentazione “tecnica” spannometrica che può essere avviato un cambiamento così radicale, una riforma organizzativa così impegnativa. Basti pensare che cosa significa destrutturare le reti a favore di una organizzazione per generi, in termini di ri-allocazione e ri-funzionalizzazione delle risorse umane…

Il “cambiamento” che la Rai sta per mettere in atto richiede ben altro, per evitare che si trasformi in un terremoto che sconvolga anche quel che di buono è ancora vivo e vitale a Viale Mazzini.

La questione è di estremo interesse pubblico: da ricercatori e da giornalisti, ma anzitutto da cittadini, invitiamo il Presidente della Commissione Parlamentare per l’Indirizzo Generale e la Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi Alberto Barachini a “desecretare” questi documenti ed a provocare una occasione di incontro e pubblico dibattito sul “piano industriale”. Questi documenti sono di interesse pubblico, per la comunità nazionale tutta.

Non ci sembra che nelle oltre 500 pagine (per la precisione 529 in totale) ve ne sia 1 ovvero una che sia suscettibile di una esigenza di segretezza o giustifichi anche soltanto riservatezza, rispetto ad eventuali interessi dei competitor (una simile esigenza, per esempio, potrebbe essere comprensibile se si trattasse di cifre afferenti ai diritti per lo sport durante una trattativa).

Che si abbia quindi il coraggio di far uscire queste carte dalle segrete stanze del Settimo Piano di Viale Mazzini e dalle meno segrete stanze di Palazzo San Macuto: che si apra finalmente il pubblico dibattito sui futuri possibili della Rai, e che sia trasparente serio plurale!

Gli “stakeholder” della Rai ne hanno diritto: e non sono soltanto gli azionisti Mef (Ministero dell’Economia e delle Finanze, col suo 99,56 % delle azioni) e Siae (Società Italiana Autori Editori, col suo 0,44 % delle azioni), bensì sono i cittadini tutti, oltre che coloro che pagano il canone.