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Diritto all’oblio: soltanto una cinquantina i ricorsi al Garante dopo il diniego di Google

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Soltanto una cinquantina di persone si sono rivolte al Garante Privacy dopo il mancato accoglimento delle richieste di deindicizzazione da parte di Google

Sono una cinquantina i ricorsi definiti dal Garante Privacy relativi a persone comuni, figure pubbliche locali, professionisti che si sono rivolti all’Autorità dopo il mancato accoglimento delle richieste di deindicizzazione da parte di Google. Un’altra decina di ricorsi  sono in via di definizione.

Lo rende noto oggi l’Autorità nel suo bollettino settimanale, facendo così un primo bilancio il dell’attività del Garante a quasi un anno e mezzo dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sul diritto all’oblio, che ha imposto a Google di dare un riscontro alle richieste di rimozione, dai risultati della ricerca, dei link alle pagine web che contengono il nominativo del richiedente.

Di fronte al diniego di Google, gli utenti italiani possono rivolgersi in “appello” al Garante per la privacy o all’autorità giudiziaria. Una opportunità, quella del ricorso al Garante, sfruttata finora solo da un esiguo numero di persone a fronte delle migliaia di istanze rigettate dalla società di  Mountain View.

In circa un terzo dei casi definiti il Garante ha accolto le richieste degli interessati ordinando a Google la  rimozione dei link a pagine presenti sul web che riportavano dati personali ritenuti non più di interesse pubblico, informazioni spesso eccedenti, riferite anche a persone estranee alla vicenda giudiziaria narrata, o lesive della sfera privata.

In tutti gli altri casi, invece, l’Autorità ha respinto le richieste ritenendo che la posizione di Google fosse corretta, risultando prevalente l’interesse pubblico ad accedere alle informazioni tramite motori di ricerca. Si trattava, infatti, in prevalenza, di vicende processuali di sicuro interesse pubblico, anche a livello locale, spesso recenti o per le quali non erano ancora stati esperiti tutti i gradi di giudizio. I dati personali riportati, tra l’altro, risultavano trattati nel rispetto del principio di essenzialità dell’informazione.

Secondo dati che risalgono allo scorso mese di luglio, in generale meno del 5% delle richieste individuali di diritto all’oblio (Scheda) presentate a Google, riguardano criminali, politici o comunque personaggi pubblici mentre ben il 95% provengono da gente comune. In Italia si chiede soprattutto la cancellazione di informazioni private o riguardanti reati gravi (1.951 domande).