PA Digitale

‘Il CAD compie 10 anni. Ecco come modificarlo’. Intervento di Donato A. Limone (ANDIG)

di Donato A. Limone, presidente ANDIG (Associazione nazionale dei docenti di Informatica giuridica e Diritto dell’Informatica) |

Il 7 marzo 2015 il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) compie 10 anni (dlgs 82/2005). Cosa ha significato? E’ necessario modificarlo? Come? L'intervento del presidente ANDIG Donato A. Limone

Pubblichiamo di seguito l’intervento di Donato A.  Limone, presidente dell’Andig (Associazione nazionale dei docenti di Informatica giuridica e Diritto dell’Informatica) con le proposte di modifica del Cad per renderlo applicabile.

Non vi è dubbio che il Codice costituisce la conclusione di una fase iniziata con la legge 59/97, art. 15, comma 2 e dal Dpr 513/1997 e le prime norme tecniche sulla firma digitale (Dpcm  del 1999) con la quale si è avviato un processo di cambiamento nel settore privato (valore legale del documento informatico; firme elettroniche; conservazione informatica dei documenti; pec) e nel settore pubblico (documentazione amministrativa informatica; firma digitale; protocollo informatico; gestione informatica dei documenti; pec; conservazione dei documenti; telelavoro; carta d’identità elettronica; open data; ecc.).

Un processo di cambiamento che ancora in tutti e due i settori non si presenta in tutta la sua potenzialità e valore sociale ed economica ma ormai il processo è avviato e non lo si può “bloccare”.

Cosa possiamo registrare oggi nell’amministrazione pubblica? Siamo in una amministrazione digitale?

 

Certamente la risposta è negativa (e pesantemente negativa) in quanto possiamo registrare l’esistenza di “spezzoni” di amministrazioni digitali o meglio di amministrazioni automatizzate (l’amministrazione digitale è prima di ogni cosa un nuovo modello di organizzazione pubblica).

Dopo 10 anni di Codice, le PA gestiscono in due modalità (analogica e digitale, invece di una sola modalità) gli archivi, i procedimenti, ecc. con costi per “ridondanza” di procedure e di dati pari a 20 miliardi di euro.

In 10 anni di Codice è stato scarsamente attuato l’art. 15 dello stesso Codice (prima si semplifica e poi si digitalizza): le amministrazioni operano ancora con procedure e procedimenti lunghi, costosi, scarsamente trasparenti, non in rete, ecc.

Un bilancio negativo (stiamo tornando dal digitale all’analogico?!): ma non possiamo non considerare il valore aggiunto di un processo innovativo, intensivo, capillare che trova gli ostacoli più rilevanti proprio nella cultura amministrativa (per tutte, la cultura della “carta”) e nella mancata semplificazione amministrativa.

Allora, il Codice è utile ma è necessario modificarlo per renderlo più applicabile. Come? L’occasione è data dall’art. 1 del DDL sulla riforma della P.A. (Carta della Cittadinanza digitale) dove si prevede la delega al Governo per intervenire sul Codice.

La delega a mio avviso e ad avviso della ANDIG (Associazione Nazionale Docenti di Informatica Giuridica e diritto dell’informatica) dovrebbe considerare di intervenire sulla struttura generale del Codice: un codice che dovrebbe comprendere “solo” principi generali sui diversi aspetti (valore legale dei documenti informatici; le firme elettroniche; il sistema procedimentale informatico; il sistema documentale digitale; il trasferimento di documenti; i dati pubblici digitali; la conservazione informatica dei documenti; ecc.), rinviando in un unico Dpcm le regole tecniche (ripulite ed aggiornate).

Sarà necessario inoltre stabilire date certe sulla realizzazione del Codice e definire accordi “forti” (premi e sanzioni) con le Regioni e gli enti locali  per l’attuazione dell’amministrazione digitale per servizi di qualità ed in rete per i cittadini e le imprese. Un intervento normativo di semplice ripulitura e integrazione servirebbe a ben poco.