Edilizia green

Biocemento made in Italy, ecco la casa fatta di birra

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Si abbattono le spese energetiche, aumenta la sicurezza e si riducono i costi di produzione, dalla ricerca Enea il biocemento a zero impatto ambientale che potrebbe rivoluzionare l'edilizia nazionale.

Si prende lievito di birra e lo si miscela con acqua ossigenata, ottenendo un prodotto tecnicamente molto leggero, per la grande quantità di bolle d’aria al suo interno, che consente di lasciare inalterate le caratteristiche meccaniche e fisiche del materiale cementizio.

È un biocemento di nuova generazione, sviluppato dai ricercatori della divisione “Bioenergie” e del laboratorio “Biosicurezza” dell’Enea, caratterizzato da elevate proprietà di isolamento termico e acustico e di resistenza al fuoco. Il lievito di birra prende il posto della polvere di alluminio, un agente aerante molto infiammabile che richiede stringenti misure di sicurezza degli impianti.

Il processo appena brevettato, noto come BAAC (Bio Aerated Autoclavated Concrete) e sviluppato nei laboratori Enea di Trisaia, in Basilicata, centro specializzato nella chimica verde e le bioenergie, e di Casaccia, alle porte di Roma, consente di ridurre i costi di produzione e di ottenere un prodotto a maggiore sostenibilità rispetto ai tradizionali cementi “cellulari” aerati attualmente in commercio.

I vantaggi economici e di sostenibilità ambientale, spiegano in una nota stampa dall’Enea, derivano dall’abbattimento delle spese energetiche (soprattutto per la produzione di cemento) e dei costi indiretti connessi alla gestione dell’impianto ai fini della sicurezza e dalla riduzione del numero dei componenti “addizionali” come la calce e il gesso.

È da qualche anno che i mercati dell’edilizia e soprattutto della chimica industriale stanno seguendo con interesse lo sviluppo del biocemento: “Questa innovazione di processo è ancora di nicchia, ma presenta grandi potenzialità; infatti, le nostre attività di sperimentazione hanno suscitato l’interesse dei soggetti coinvolti nella filiera produttiva del cemento cellulare che hanno voluto contribuire fornendoci gratuitamente le materie prime”, ha dichiarato Piero De Fazio della Divisione “Bioenergie, Bioraffinerie e Chimica Verde” presso il Centro Ricerche Enea della Trisaia.

Non a caso è dal 2006 che i ricercatori dell’Università di Delft, in Olanda, stanno lavorando ad un cemento ecosostenibile al 100%, frutto di ricerche microbiologiche che hanno fatto uso di batteri molto particolari. Dopo tre anni di lavoro l’ateneo olandese ha annunciato la creazione di un biocemento in garo di autoripararsi.

Alla miscela base di sabbia, acqua e detriti, gli studiosi hanno aggiunto alcuni batteri (bacillus) che attivandosi con l’acqua colmano eventuali fessure, nei buchi, producendo una specie di calce che autoripara la struttura.

I batteri contenuti nel cemento, infatti, rimangono inattivi per lunghissimi tempi, fino a quando gettandoci sopra acqua si rianimano producendo calce lì dove ce n’è bisogno.

Per tenere in vita questi batteri, in condizioni difficili (la calce è un ambiente alcalino ed estremamente secco), i ricercatori hanno impastato la miscela con “calcio lattato”. I batteri assieme al calcio erano inseriti in capsule di plastica biodegradabile.

In questo modo, se nel cemento si crea una fessura o un buco e ad esempio penetra acqua piovana, si attivano subito i batteri che ben alimentati si moltiplicano rapidamente producendo la calce utile al rattoppo della struttura.