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Anica annuncia accordo con i 100autori e altre 4 associazioni (Anac, Wgi, Agici, Cna Cinema) insorgono

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Strane dinamiche nel settore cinematografico: la principale associazione dei produttori (Anica) annuncia un curioso accordo con una delle associazioni degli autori (i 100autori), ed altre 4 associazioni (Anac, Wgi, Agici, Cna Cinema) insorgono. Il problema resta quello di sempre: poca conoscenza dell’economia del settore e poca trasparenza, nessuna valutazione di impatto.

L’ufficio stampa dell’Anica, mercoledì scorso, ha diramato un comunicato che annunciava una inedita intesa tra autori e produttori, utilizzando – non senza retorica – la formula “intesa senza precedenti nella storia delle relazioni tra autori e produttori”: si tratterebbe di un accordo che ripristina il meccanismo di attribuzione agli autori (soggettisti, sceneggiatori e registi) di una parte dei “contributi automatici” destinati dallo Stato – grazie alla “legge cinema e audiovisivo” che porta il nome dell’ex Ministro Dario Franceschini – alle imprese per il reinvestimento in nuove opere.

L’accordo riconosce una remunerazione aggiuntiva a favore degli autori (soggettisti, sceneggiatori e registi), derivante dai contributi automatici destinati alle imprese, generati dai risultati artistici ed economici delle opere, e dovrebbe produrre effetti dal momento del reinvestimento dei contributi automatici, che deve ancora essere operativamente regolato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Mibac).

Nel comunicato stampa, si precisa che l’accordo è stato firmato il 18 aprile scorso da Stefano Sardo e Antonio Leotti per i 100autori e da Francesca Cima e Francesco Rutelli per Anica, e naturale sorge la domanda sul perché ne venga data notizia soltanto a distanza di quasi due mesi dalla stipula.

Come recita il comunicato, ilDirettore Generale Cinema del Ministero Mario Turettaha espresso soddisfazione per l’intesa raggiunta dalle due Associazioni, frutto di un metodo di lavoro condiviso che mira a rafforzare il sistema autoriale e produttivo a vantaggio dell’intera filiera. Un esempio di maturità e responsabilità delle parti che il Ministero ha apprezzato nella forma e nei contenuti.

Le imprese cinematografiche e audiovisive che sceglieranno di aderire al “protocollo” si impegnano pertanto ad attribuire agli autori del soggetto, della sceneggiatura e al regista delle opere una quota forfettaria, a valere sulle proprie risorse economiche, entro 30 giorni dall’effettivo utilizzo per reinvestimento. L’importo è calcolato in una misura pari al 4,5 % totale dei “contributi automatici” per opere cinematografiche, televisive, web e in animazione: l’1,5 % a soggettisti; l’1,5 % a sceneggiatori; l’1,5 % a registi, dividendo eventualmente le somme in parti uguali fra gli autori della medesima categoria.

Il comunicato era un po’ curioso, in alcuni aspetti criptico, ed abbiamo deciso di attendere un po’, prima di prenderlo in considerazione, volendo approfondire l’oscura materia.

Prima di concludere lo studio della questione, ieri mattina, altre associazioni, anch’esse sia del versante “economico” sia del versante “artistico”, hanno diramato un loro comunicato stampa, che evidenzia una qual certa “asintonia” tra le varie anime del settore.

Il comunicato è stato diramato da due associazioni di produttori, certamente più piccole rispetto alla potente “lobby” Anica, ma non meno attive: si tratta della Agici, acronimo che sta per Associazione Generale Industrie Cine Audiovisive Indipendenti, e della Cna Cinema (le imprese del settore che aderiscono alla Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa). Affiancate da due associazioni di creativi, ovvero la storica Anac – Associazione Nazionale Autori Cinematografici e la più giovane Wgi – Writers Guild Italia.

Queste 4 associazioni scrivono – con evidente “vis polemica” – che “hanno appreso tramite la stampa dell’accordo raggiunto tra Anica e 100autori sulla disponibilità da parte delle imprese di produzione affiliate ad Anica di attribuire una parte dei contributi automatici previsti dalla legge 220 ed attribuiti alle stesse, a favore degli autori (registi e sceneggiatori)”. E già questo incipit la dice lunga…

Le 4 associazioni “dissidenti” dichiarano di “condividere il principio ispiratore dell’accordo”, ma nutrono forti dubbi sull’efficacia dello strumento di natura privatistica utilizzato dalle parti: “secondo l’accordo stipulato tra Anica e 100autori, è previsto che gli autori che aderiranno al protocollo permetteranno che la quietanza – prevista in ogni forma di finanziamento europeo – venga sostituita da un’autodichiarazione con cui il produttore s’impegna a saldare il corrispettivo previsto per l’autore”.

Secondo i dissidenti questa possibilità “rinnega tante battaglie fatte dagli autori in sede di discussione della legge”, e si tratterebbe di “un ritorno indietro rispetto alla tutela della professione e un forte rischio per gli autori”.

La quietanza rappresenta il saldo del contratto tra il produttore e l’autore. Il soggetto viene presentato al Ministero (dinamica simile avviene anche nei confronti della Rai) dal produttore, che dimostra così di aver pagato il compenso dell’autore. Se salta il meccanismo della quietanza, l’autore corre il rischio di non percepire alcunché. Eliminando questo meccanismo, si trasferisce paradossalmente “il rischio di impresa” dal produttore all’autore…

La apparente “sensibilità” che l’Anica sembra manifestare nei confronti dei creativi corre il rischio di produrre un effetto-boomerang per gli autori stessi (soprattutto quelli meno coinvolti in operazioni produttive a basso rischio). La generosità dei produttori è quindi soltanto apparente?! C’è il rischio che si tratti di una manovra per ridurre la notoriamente già scarsa vocazione al rischio di impresa dei produttori italiani…

Insomma, sempre latente il rischio del produttore… che “prende i soldi e scappa”?!

Il comunicato trionfale di Anica sembra voler riaffermare un ruolo che le è stato opinabilmente assegnato dai titolari del Mibac nel corso degli ultimi anni: è forse l’Anica a “dettare” la linea politica del Ministero?!

Tante volte, anche su queste colonne, abbiamo sostenuto che le politiche culturali dovrebbero essere affrontate con concerti polifonici e processi partecipativi trasparenti, senza assegnare troppo potere alla “lobby” alfa o beta, più o meno simpatica al Ministro in carica, che si vanta poi di assumere atteggiamenti ecumenici.

Anac e Wgi e Agici e Cna Cinema ritengono “fondamentale normare il principio della premialità verso gli autori che abbiano raggiunto significativi risultati artistici ed economici con le proprie opere, in particolare là dove siano state sviluppate in assenza di un committente”.

Si propone quindi di procedere verso un “tavolo tecnico”, che determini una norma legislativa, che potrebbe essere inserita nella legge dell’audiovisivo con uno specifico emendamento: solo questo renderebbe strutturale e inattaccabile da eventuali ricorsi l’accordo.

Si ricorda che attualmente le risorse che confluiscono nelle posizioni contabili delle imprese di produzione come “contributi automatici”, sono destinate a norma di legge esclusivamente al finanziamento di nuovi film. E quindi ogni altra destinazione è inattuabile.

Si segnala anche che il 29 maggio 2019 è stato pubblicato online sul sito della Dg Cinema Mibac – con Decreto a firma del Direttore Generale Mario Turetta – l’elenco dei primi contributi automatici assegnati in base alla legge n. 220 per opere che hanno ottenuto risultati economici, culturali e artistici nel 2017.

La questione ha senza dubbio caratteristiche tecniche di ardua comprensione per i non tecnici del settore, ma la segnalazione ci consente di ribattere su un tasto sul quale da molto tempo martelliamo anche su queste colonne: non esiste un “sistema informativo” dell’economia del cinema e dell’audiovisivo italiano che consenta di comprende “cosa” fare, “dove” e “come” intervenire. Quindi resta totalmente assente una “ecologia del settore”, anche nei rapporti di forza tra i produttori e gli autori.

Senza una visione organica, sistemica, strategica, si procede per segmenti, per frammentazione, per tasselli: come nel caso qui segnalato.

La stessa tanto decantata “legge Franceschini” (la n. 202 di fine 2016) non è ancora stata oggetto di una valutazione di impatto (vedi “Key4biz” del 7 giugno 2019, “Il cinema italiano va a picco al box office. Questo voleva il Governo giallo-verde?”), e quindi tutte le parti in commedia se la possono cantare e suonare come meglio preferiscono: chi esalta il “tax credit”, chi lo critica… E che dire dei misteri della “copia privata”?!

Ognuno può tirare dalla sua parte (con le migliori intenzioni, sia ben chiaro, e si spera sempre in buona fede) la “coperta” dell’intervento della mano pubblica…

Peraltro la “legge Franceschini” non è ancora pienamente a regime, con i suoi tanti ed infiniti decreti attuativi.

I due comunicati stampa delle associazioni non hanno registrato ricadute sulla stampa, anche in considerazione del loro carattere “specialistico”, ma va piuttosto segnalato che da qualche giorno sta riemergendo – su alcune testate tendenzialmente “destrorse” (come “Il Tempo” di Roma) – la solita “polemica” sui finanziamenti pubblici al cinema ed all’audiovisivo, sugli sprechi, etc.

Nihil novi. In assenza di un “sistema informativo” accurato, efficace, trasparente, ognuno può liberamente dire la sua, sparare numeri in libertà, teorizzare qualsiasi cosa.

E ci si domanda – ancora una volta – come fanno a (ben?!) “governare” il Ministro Alberto Bonisoli, la Sottosegretaria delegata Lucia Borgonzoni, il Direttore Generale Mario Turetta, in perdurante assenza di una cassetta degli attrezzi adeguata al loro “decision making”.

Torneremo presto anche su queste tematiche…