Riforma Rai

Abolizione canone Rai, la proposta di Paxia (M5S) depositata ma non ancora disponibile

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La parlamentare grillina Paxia “deposita” finalmente il testo della sua proposta di legge per l’abolizione del canone Rai, ma il documento non è ancora disponibile.

Come è noto, a metà luglio è stata data la notizia che la parlamentare del Movimento 5 Stelle Maria Laura Paxia aveva presentato una proposta di legge per l’abolizione del canone Rai, iniziativa che sarebbe stata sostenuta anche dal Capo Politico del Movimento Luigi Di Maio.

In effetti, il 16 luglio 2019, lo stesso Luigi Di Maio aveva dichiarato “come Movimento 5 Stelle presenteremo una proposta per ridurre drasticamente il canone Rai”. Ridurre o abolire?! Non è ancora ben chiaro.

Grande è stato l’interesse nei confronti della eccentrica iniziativa della parlamentare catanese, ma l’iniziativa è rimasta per settimane, anzi mesi, avvolta nel mistero: il testo della proposta di legge, infatti, non è stato reso pubblico, e non ha avuto alcuna circolazione. Addirittura pare sia rimasto secretato anche rispetto ad altri deputati dello stesso Movimento, che erano interessati a leggerlo.

Abbiamo segnalato questa anomalia sulle colonne di “Key4biz”, in più di un’occasione: anche, da ultimo, allorquando il Senatore Primo Di Nicola (M5S) ha promosso una sua iniziativa a Palazzo Giustiniani venerdì della scorsa settimana 8 novembre. In quel contesto, la proposta della sua collega deputata non è stata curiosamente nemmeno citata, sebbene i due siano indiscutibilmente espressione dello stesso partito (vedi “Key4biz” dell’8 novembre 2019, “Una nuova Rai è davvero possibile?”).

Quest’oggi, mercoledì 13 novembre, Mara Laura Paxia ha diramato un comunicato stampa, che è stato prontamente rilanciato dalle agenzie.

La parlamentare si dichiara infastidita perché sarebbero circolate voci non corrispondenti alle sue intenzioni: possiamo anche darle ragione, ma ci sia consentito segnalare che, a distanza di… quattro mesi dall’annuncio e di… quattro ore dai dispacci di agenzia di oggi (ore 11:54), la benedetta proposta non è ancora disponibile sul sito web della Camera.

Infatti, se si cerca il testo della proposta n. 1983, intitolata “Abolizione del canone di abbonamento alle radioaudizioni e alla televisione e della relativa tassa di concessione governativa, nonché modifica dell’articolo 38 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, in materia di limiti di affollamento pubblicitario nelle trasmissioni radiotelevisive”, sul sito della Camera risulta “presentata il 15 luglio 2019”, così risulta: “testo non ancora disponibile” (verifica effettuata alle ore 16:30 odierne).

Le agenzie di stampa riportano che Paxia “ha depositato oggi alla Camera il testo definitivo sulla sua proposta di legge riguardante l’abolizione del Canone Rai”, e lei stessa rimarca “vorrei smentire le polemiche che si sono sollevate su questa mia proposta, con la diffusione di informazioni mirate alla diffusione di notizie false e pretestuose”.

Precisa la parlamentare grillina: “qualcuno ha, addirittura, espresso perplessità alla norma, senza nemmeno visionare il mio testo, sostenendo che, con l’eliminazione del canone, il servizio pubblico non sarebbe tutelato a dovere”.

Notizie false e pretestuose”?! La parlamentare accusa i giornalisti di essere divulgatori di “fake news”?! Qui si gioca veramente con le parole.

Sia consentito osservare che apprezzamenti o perplessità potevano essere espressi (da giornalisti, da operatori del settore, da esponenti politici) soltanto in funzione delle sintetiche intenzioni a suo tempo (metà luglio) manifestate, dato che il testo in questione – provvisorio o definitivo che fosse – non è stato mai reso di pubblico dominio.

Continua Maria Laura Paxia: “voglio chiarire tutto ciò, ribadendo l’impegno costante per la salvaguardia del servizio pubblico della Rai che, attraverso le nomine d’ispirazione pubblica, oltre che la supervisione dalla Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, continuerebbe a godere a 360 gradi dei propri diritti e delle proprie tutele”.

E qui sembra evidente un riferimento al disegno di legge del suo collega Primo Di Nicola, che prevede invece giustappunto l’abolizione della Commissione di Vigilanza, ed una sorta di trasferimento di parte dei suoi compiti all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom).

La mia proposta – spiega Paxia – punta a modificare i limiti di affollamento pubblicitari della Rai, equiparandoli a quelli delle televisioni private. Ritengo giusto che la Rai si adegui e inizi ad essere competitiva. L’intenzione non è quella di privatizzare l’azienda, ma di voler spingere la televisione pubblica a puntare sulla qualità del servizio, non potendo più finanziare i maxi stipendi con i soldi dei cittadini”.

E sembra riemergere la solita polemica, piuttosto populista, sugli “sprechi” di Viale Mazzini: sprechi che pure ci sono, senza dubbio, ma si deve evitare il sempre latente rischio di “buttare il bambino insieme all’acqua sporca”.

Qui una specificazione ulteriore da Paxia: “in più, si vuole modificare il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo, andando a sostituire il canone con un gettito derivante fino al 40 % dall’imposta sui servizi digitali, fino al 20 % da una tassa sui ricavi delle emittenti radiofoniche e televisive diverse dalla Rai e fino ad un 10 % da una tassa sui ricavi delle emittenti a pagamento, anche analogiche”.

Il meccanismo ipotizzato – che appare discretamente curioso e tortuoso – da Paxia prevederebbe che “ogni anno spetterebbe al Mise, di concerto col Ministero delle Economie e Finanze, stabilire l’ammontare dei fondi pubblici, dell’imposta sui servizi digitali, della tassa sui ricavi delle varie emittenti in misura tale da consentire alla Rai di coprire i costi, più o meno come accade anche in Spagna e in altri contesti internazionali”.

Non escludiamo che il “modello spagnolo” possa essere considerato interessante, ma ci domandiamo se è stata effettuata una accurata analisi ricognitiva a livello internazionale, per comprendere se quel “psb” ha beneficiato in modo significativo dell’abolizione del canone, sia come stabilità dei flussi reddituali sia come indipendenza dalla politica.

E ricordiamo che nel continente europeo una nazione ha addirittura sottoposto a referendum la chance di abolire il canone: in Svizzera, nel marzo del 2018 il 72 % dei votanti ha deciso di rigettare l’ipotesi di abolizione.  

Ci limitiamo a segnalare il comunicato di Paxia, che certamente contribuisce ad arroventare ulteriormente il dibattito sul futuro del servizio pubblico radiotelevisivo italiano.

Sarà interessante conoscere la posizione della collega del M5S, la Sottosegretaria Mirella Liuzzi, che formalmente non ha acquisito la delega per tlc e Rai, ma che presiede il “Tavolo Televisione 4.0” del Mise (l’ultima riunione c’è stata giovedì 7 scorso, ed ha affrontato lo “switch-off” verso il nuovo standard Dvb-t2), e quindi si ha ragione di ritenere sia una indubbia “decision maker” in materia, ovviamente d’intesa con il Ministro Stefano Patuanelli (anch’egli espresso dal M5S).

Va segnalato a chiare lettere che l’abolizione del canone ha come conseguenza meccanica una (ulteriore) subordinazione del “public service broadcaster” nei confronti della politica, Governo o Parlamento che sia.

Dichiarare con candore che “ogni anno spetterebbe al Mise, di concerto col Ministero delle Economie e Finanze, stabilire l’ammontare dei fondi pubblici” significa voler mettere sotto schiaffo un soggetto che dovrebbe essere invece indipendente dalla politica e soprattutto dagli umori dell’esecutivo in carica.

È dimostrabile, sulla base di ricerche internazionali, che l’esistenza del canone è condizione “sine qua non” per garantire l’indipendenza del “psb” nei confronti della politica.

Condizione peraltro necessaria, ma non sufficiente.

Attendiamo comunque di leggere il testo della proposta di legge, prima di esprimerci oltre.

Nelle more della chance di analizzare il testo della proposta di legge, non si può comunque non osservare la discreta confusione che anima un partito che sempre più appare policentrico ed erratico.

Nel memorandum in 20 punti che Luigi Di Maio ha posto a fine agosto all’attenzione del Partito Democratico e soprattutto del futuro premier Giuseppe Conto, al punto n° 4, si leggeva “una seria legge sul conflitto di interessi e una riforma del sistema radiotelevisivo”…

Dichiarazioni di intenti discretamente generiche: e le proposte concrete appaiono ad oggi confuse, contraddittorie, sfuggenti, rispetto ad una “seria” riforma del sistema radiotelevisivo.