Assinform, continua il crollo della spesa in ICT della PA

di Flavio Fabbri |

Giù investimenti del 3%, secondo i dati del II Osservatorio ICT. Necessari interoperabilità ed integrazione tra banche dati di enti centrali e locali. Più investimenti in ICT migliorano efficienza e crescita.

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La spesa in information and communication technology (ICT) sta calando in Italia, sia per effetto della crisi economica, sia come conseguenza della spending review. Un dato che preoccupa, perché l’innovazione tecnologica è l’unica leva valida per trasformare l’amministrazione pubblica del nostro Paese in maniera duratura ed efficiente. Tra il 2007 ed il 2013, il calo degli investimenti annui è stato in media del 2,8%. È quanto emerge della presentazione a Roma della seconda edizione dell’Osservatorio ICT nella Pubblica Amministrazione, realizzato da NetConsulting e Netics per Assinform, con il sostegno di Dedagroup, InfoCamere, Postecom, Telecom Italia, e la collaborazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale e Consip.

 

Un netto ritardo della PA italiana, centrale e locale, ha dichiarato in apertura di giornata il presidente di Assinform, Elio Catania, che indica alcuni fattori come centrali nel processo di razionalizzazione ed informatizzazione del sistema amministrativo nazionale: “Siamo lenti sul fronte della digitalizzazione. La spesa continua calare, si investe sempre meno e permane una frammentazione nell’uso e nell’allocazione delle risorse che non consente di fare sistema. Troppe iniziative sono annunciate e tardano ad essere avviate. I vincoli di bilancio sono noti, ma non si interviene ancora sulla tipologia della spesa, superando i tagli lineari. Non si guarda alla spinta che potrebbe dare la collaborazione pubblico-privato in chiave di project financing“.

 

Si deve fare di più ed in tempi brevi, ha ammonito il presidente di Assinform, pur riconoscendo quanto di buono fatto fino ad ora. Il quadro nazionale per la spesa in ICT della PA l’ha dato Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, con un calo medio annuo del 3%, particolarmente evidente nel 2012, quando ha toccato i 4,3 punti percentuale, pari a 5,4 miliardi di euro (al netto dell’IVA, altrimenti pari a circa 8 miliardi di euro). È invece cresciuta la quota della spesa corrente sulla spesa complessiva, a scapito di quella per investimenti. Quest’ultima è scesa nel 2012 nella PA Centrale al 40,5% per l’IT e al 14,3% per le TLC, nelle Regioni rispettivamente al 26% e al 18,1%, nei Comuni e nelle Province a quote ancora inferiori (compresi tra i 12,5% e il 14% e tra il 9% e il 7%); unica eccezione il settore della Sanità in controtendenza.

 

A ben guardare i costi maggiori sono stati sostenuti per la manutenzione delle infrastrutture che, troppo obsolete, richiedono ingenti volumi di spesa per il loro funzionamento. Il livello di integrazione applicativa e delle basi dati risulta ancora modesto, con gli enti centrali che nel 58% dei casi non hanno basi dati integrate tra loro e nel 90% dei casi con quelli locali. E questo trova anche riscontro nell’elevata frammentazione dei data center: ben 4.000 su tutto il territorio italiano, con conseguenti duplicazioni di basi informative, spreco di capacità di elaborazione e problemi di interoperabilità e standardizzazione.

 

Importanti progressi si sono fatti sul fronte dei servizi online ai cittadini e alle imprese, ma resta il fatto che manca una visione integrata nell’erogazione dei servizi, ancora spesso limitata al download della modulistica da compilare. I driver per limitare il gap sono il nuovo SPC, l’identità digitale, l’anagrafe unica, la giustizia digitale, la scuola e la sanità digitali.

 

Illustrate da Capitani  anche le traiettorie di innovazione più idonee: l’ottimizzazione delle infrastrutture IT nella gestione macchine e riduzione costi; il rinnovamento dei data center e l’introduzione di disaster recovery; aggiornamento applicazioni per l’informatizzazione dei processi degli enti; il miglioramento dei livelli di integrazione e interoperabilità applicativa nelle strutture sanitarie; il potenziamento dell’offerta e della interattività dei servizi online per cittadini e imprese; sviluppo dei modelli di governance e di demand come stanno già facendo le aziende private. Ad esse vanno aggiunti i grandi temi della digitalizzazione dei processi interni ed esterni, le smart city, gli open data, la sanità digitale, il cloud, i pagamenti elettronici.

 

Si tratta degli ambiti d’azione dell’Agenda digitale italiana, che registrano interessanti risultati in relazione all’Anagrafe Unica, dal Fascicolo sanitario elettronico (FSE), nei progetti smart city, che sono ormai un centinaio (soprattutto per l’efficienza energetica e la mobilità sostenibile) facenti capo a Comuni di media grandezza, gli open data ed il cloud computing. L’Italia è ai primi posti in Europa per offerta di servizi di egovernment, ma tra gli ultimi in relazione all’effettivo utilizzo di questi da parte della popolazione.

 

Proprio su alcuni di questi, come l’identità digitale, è stato fatto molto, ha ricordato Francesco Caio, Coordinatore dell’Agenda Digitale, ed entro il 2014 ci saranno i primi progetti pilota. Altro passo da fare è l’anagrafe digitale, su cui ci dovrà essere una maggiore interazione tra ANCI, Sogei, Istat e altri soggetti centrali per il raggiungimento dell’obiettivo. ” Forse si arriverà al 2015, ma l’importante è definire il percorso istituzionale ed operativo. La fatturazione elettronica per la PAC sarà attiva il primo giugno del 2014. La preoccupazione è il livello di prontezza di chi dovrà poi gestire ed utilizzare tale servizio. Meglio concentrare lo sforzo su poche iniziative e usarle come modelli progettuali per poi estendere l’esperienza ad altri settori. Non si parla solo di tecnologia, ma anche di riforma dello Stato (Agid), bisogna indicare una strada chiara, anche in chiave legislativa. Stiamo per varare lo statuto dell’Agid e l’agenzia sarà fondamentale nel raggiungere tutti gli obiettivi. L’architettura di riferimento deve essere la stella polare che fa convergere gli investimenti: uno strumento semplice ed efficiente per tracciare i perimetri concettuali e tecnologici in cui muoversi per impiegare in maniera ottimale i soldi a disposizione. Serve una riflessione sul ruolo Consip nella gestione della domanda e l’offerta nello stabilire i prezzi.  Dobbiamo organizzarci per articolare criteri di selezione delle forniture dei sistemi, tenendo in considerazione la qualità dell’offerta non solo legata al prezzo“.

 

Un po’ di luce però filtra grazie al comparto della sanità pubblica, regioni e ASL, che, secondo Paolo Colli Franzone, “segnano una spesa IT crescente“. Il dato procapite nel settentrione è superiore a 20 euro, quasi il doppio delle regioni meridionali.  A livello europeo siamo gli ultimi , con la Gran Bretagna e la Danimarca a quota 58 euro, e una media Ue di 33,2 euro. Le stime indicano per il 2016 una decrescita di spesa  nelle ASL e una crescita nelle Regioni. Andando invece a sostenere uno scenario ‘ nice to have‘ si avverte una decisa volontà di aumentare gli investimenti nel 2016, fino al 43,6%, che equivarrebbero a 1,3 mld.

 

Dal documento si percepisce una buona diffusione degli strumenti base (PC, accessi Internet, strumenti di sicurezza informatica) in tutte le amministrazioni e una copertura applicativa oramai quasi totale per le funzioni interne (es: contabilità, gestione del personale, controllo e similari) sia a livello centrale che locale. Per contro, spiccano un’infrastruttura hardware datata e un’anzianità marcata per le applicazioni nei Comuni (oltre il 35% di esse non ha aggiornamenti significativi successivi al 2009); una copertura ancora bassa delle aree di interazione con l’esterno (contratti, bandi e concorsi, URP lo sono per il 50%/60% per centro degli Enti Centrali; URP, servizi sociali per non più del 35%/45% dei Comuni,ecc.). E soprattutto, emrgono: la scarsa interoperabilità dei sistemi della PA locale (spesso non connessi al Servizio Pubblico di Connettività) fra essi e con quelli della PA centrale; e la frammentazione dei sistemi anche all’interno degli Enti regionali e centrali, dove permane una logica basata su silos non integrati, con conseguenti inefficienze e inutilizzi di risorse.

 

Questo lascia intendere che il tema digitale sta entrando in profondità nel dibattito pubblico, ha affermato Agostino Ragosa, direttore generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale: “Dobbiamo però superare la frammentazione del sistema. Servono indirizzi strategici per realizzare infrastrutture pubbliche di tipo SPC, reti di dati e telefonia all IP, sistemi di sicurezza avanzati per la protezione dei servizi e dei dati utenti. Il sistema pubblico va semplificato, innovato (gran parte delle infrastrutture e dei sistemi sono vecchi e assorbono molti soldi), in via generale riqualificato. Necessitiamo di un partenariato pubblico-privato per investire in nuove infrastrutture, data center, architetture efficienti, nonchè per la realizzazione delle smart city“.

 

È stato inoltre sottolineato un eccesso di decreti e norme per ogni materia,  a discapito delle competenze sugli economics: “Le competenze tecnologiche sono fondamentali, senza di queste non si possono valutare con precisione progetti e strumenti. Entro l’anno lanceremo la prima gara sul cloud nazionale, probabilmente  il 20 dicembre prossimo“.

 

La rilevazione del livello di digitalizzazione degli enti nella gestione dei processi interni e nelle relazioni con le altre amministrazioni e  i soggetti esterni (imprese e cittadini) mostra una  crescita lenta, con ritardi su molti fronti (PEC, Conservazione sostitutiva, firma digitale). Per quanto riguarda le aree di investimento 2013 – 2014, le priorità  della PA centrale sono oggi legate alla razionalizzazione dell’infrastruttura IT (100% del enti), il rinnovo e l’estensione di applicazioni (con punte del 52% per le “verticali”) e il rinnovo degli apparati TLC (circa il 50% degli enti). Per le Regioni il panorama è analogo. Comuni e Province guidano ancora la razionalizzazione dell’infrastruttura IT (rispettivamente 61% e 53% degli enti), seguita dal potenziamento delle reti wi-fi (Comuni 35,3%) e delle connessioni di rete (Province 28%). Per la Sanità guidano l’integrazione applicativa e poi l’estensione delle applicazioni negli ambiti clinici e ambulatoriali nel caso di ASL e AO, e tutto quanto ruota attorno a CUP e Fascicolo Sanitario Elettronico nel caso delle Regioni. Da implementare anche i pagamenti elettronici ancora poco utilizzati (ad eccezione delle multe: il 50% delle sanzioni viene pagato da web), soprattutto dai cittadini. Anche in ambito sanitario, la situazione è simile: il 69% delle ASL non offre la possibilità di pagare i ticket online.

 

È positivo inoltre l’aver scelto alcuni progetti di sistema che creano le condizioni di sviluppo migliori, come ad esempio l’identità digitale, l’anagrafe unica e la fatturazione elettronica“, ha commentato nel suo intervento Linda Lanzillotta, vicepresidente del Senato. Lo Stato deve avere la capacità di sapere ciò che succede a livello centrale e locale, altrimenti salta il ruolo guida. All’Agenzia occorrerà intervenire nella scuola, nella sanità e nella giustizia con maggior forza propositiva e un framework nazionale. Serve quello che un tempo era definito come ‘centralismo’, in tal senso, altrimenti non si raggiungono gli obiettivi prefissati. Tra i punti chiave elencati da Lanzillotta: identificare l’attuazione dell’agenda come una delle politiche strategiche per ridurre la spesa senza dequalificare i servizi; ottimizzare le risorse come leva di crescita; favorire la collaborazione istituzionale per velocizzare i processi di attuazione; sostenere la trasformazione delle società in house in agenzie per regolare domanda e offerta a livello locale.

 

Per realizzare i progetti identificati fin qui come strategici nella digitalizzazione della PA, “c’è necessità di ridurre i tempi delle operazioni d’acquisto,  di avere più trasparenza, di garantire risparmio sul prezzo, di ridurre gli oneri di gestione, di accrescere le professionalità, di attivare l’offerta privata e ridurre i tempi delle gare almeno nella media europea“, ha spiegato infine Domenico Casalino, amministratore delegato di COnsip.

 

Durante la Tavola rotonda del convegno, coordinata da Elio Catania, diversi responsabili area di Assinform,  Alberto Tripi, responsabile area Internazionalizzazione, Fabio Benasso, responsabile area Cloud, Simone Battiferri, responsabile area digital Identity, Domenico Favuzzi, responsabile progetto eHealth, Nicola Ciniero, responsabile area Smart Access Big Data/Expo, Valerio Zappalà, responsabile progetto Open Data, hanno portato ulteriori evidenze dello stato della spesa ICT nella PA nazionale. Nel 2012 si sono bandite gare per 6,6 mld. Per il 2013 si stima una spesa di 5,2 mld (-4,3%), suddivisi in 3 mld nel comparto IT e 2,2 mld in quello delle Tlc.

 

Tra i punti qualificanti dell’azione di Governo emerge la necessità di rendere i sistemi informativi più accessibili da parte degli utenti, cittadini e imprese; il bisogno di inserire un capitolo ICT per ogni legge o regolamento: l’utilizzo di piattaforme cloud per l’evoluzione degli assetti della PA; accelerare il percorso di informatizzazione e trovare gli strumenti più idonei per la sua completa realizzazione; la necessità di autenticare i cittadini in maniera più semplici e rapida, pur in un contesto di sicurezza.; creare una serie di progetti pilota a livello centrale e regionale; adoperarsi per la creazione di data center regionali e nazionali interconnessi tra loro; usare in maniera innovativa i social, le app, l’ecommerce, i big data.

 

Chiaramente, forte attenzione è stata posta sulla prossima grande Expo 2015 di Milano, un evento di caratura mondiale, che va considerato come grande volano per l’innovazione e l’offerta di servizi innovativi che devono poter essere accessibili dai cittadini e i turisti anche dopo la sua chiusura. L’Italia deve agganciare la ripresa proprio partendo da quelle che sono le sue risorse immediate: turismo, cultura,

patrimonio artistico-paesaggistico, Expo. Gli stessi big data valgono sul nostro mercato circa 3 mld di euro, chi investe in questi settori, soprattutto nell’innovazione tecnologica, vede rientrare prima i propri investimenti e vede crescere competenze e guadagni.

 

Non sono mancati, a riguardo, gli interventi dei rappresentanti del mondo politico, con l’onorevole Paolo Gentiloni, deputato del Partito Democratico e presidente Forum ICT, e il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. Il primo ha sottolineato la centralità dell’unità di intenti, l’importanza di avere una visione forte della riforma oggetto del lavoro dell’AgID e del gruppo Caio, una maggiore attenzione agli ambiti di verticalizzazione della PA, una maggiore operazione di governance e la possibilità di inserire le figure dei CIO negli enti pubblici territoriali.

 

Il ministro, invece, tramite una lettera inviata appositamente al convegno Assinform, ha voluto valorizzare gli sforzi fatti nella realizzazione delle banche dati, in servizi di ehealth al cittadino, in formazione di nuove professionalità, nell’FSE, nell’anagrafe unica, nell’emanazione delle linee guida in tema di telemedicina.

 

In conclusione, affidata al presidente di Assinform, si è voluto precisare che l’innovazione non è solo la banda larga e le infrastrutture abilitanti, ma anche componente sistemica, che non va trascurata:

architetture e standard di riferimento consentono di ottimizzare risorse e ridurre spesa. Il tema centrale è l’integrazione tra piattaforme e il completamente della migrazione al cloud. Le competenze in gioco vanno messe a fattore comune e l’industria deve essere pronta ad affiancare la rivoluzione digitale della PA tutt’ora in corso. “Gli investimenti per l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione devono avere assoluta priorità nell’Agenda politica del Governo – ha infine chiarito Catania – per tre ragioni fondamentali. La prima è che essi sono l’unica leva concreta per aumentare l’efficienza e il valore aggiunto creato dalla PA senza distogliere le risorse dalle iniziative di rilancio dell’economia; la seconda è che essi sono il motore di cui necessitiamo per indurre la digitalizzazione del Paese attraverso gli standard dei servizi evoluti a cittadini e imprese; la terza è che tali investimenti,  in una fase di mancata crescita dell’economia, sono essenziali per la vitalità e lo sviluppo di un’industria, qual è quella dell’ICT, di assoluta rilevanza strategica per il nostro Paese“.