Facebook e lo strapotere di Morgan Stanley: troppe ‘stranezze’

di Raffaella Natale |

I problemi tecnici del Nasdaq e la strategia troppo ‘segreta’ di Morgan Stanley non fanno bene al titolo.

Stati Uniti


Facebook

Bolla o non bolla? Il rischio era già stato prospettato da alcuni analisti e adesso, dopo il tonfo in Borsa di Facebook registrato ieri (-11%), si comincia a temere che possano ripetersi gli eventi che nel 2000 travolsero AOL.

Nel suo secondo giorno di scambi i titoli sono arrivati a perdere il 13% a 33,12 dollari, ben al di sotto dei 38 dollari fissati nell’Ipo, con più di 30 milioni di azioni passate di mano nei primi minuti di scambi.

 

I dubbi riguardano soprattutto la strategia che Morgan Stanley, la principale banca che ha curato il processo di quotazione, tiene ancora strettamente segreta.

Nel suo primo giorno di quotazione, l’azione ha fatto fatica a tenersi al di sopra del prezzo di introduzione, 38 dollari, per chiudere con un guadagno di soli 23 centesimi (+0,6%) a 38,2318 dollari. Diversamente da quanto realizzato, invece, da altre web company come LinkedIn o Groupon.

Secondo alcune indiscrezioni, Morgan Stanley avrebbe speso diversi miliardi di dollari per tenere stabile il titolo su 38 dollari, comprando azioni sul mercato. Per far questo, avrebbe fatto ricorso all’opzione greenshoe, usando i 63 milioni di azioni che erano in riserva. Se Morgan Stanley avesse acquistato le azioni a meno di 38 dollari negli ultimi 20 minuti di seduta, avrebbe speso circa 2 miliardi di dollari. Ma si tratta di informazioni che non hanno trovato conferma.

Inoltre il ritardo di 30 minuti con cui sono cominciati i primi scambi è imputabile a problemi tecnici del Nasdaq che non ha retto l’enorme volume di ordini.

Diversi investitori non hanno avuto poi conferma dei loro acquisti e questo avrebbe spinto qualcuno a vendere. A fine giornata, il Nasdaq ha indicato che gli ordini ricevuti prima della quotazione non erano stati eseguiti e ha proposto di accogliere le domande inviate dai clienti prima di lunedì. Il mercato elettronico ha dovuto lavorare per tutto il fine settimana per risolvere le transazioni rimaste in sospeso.

L’autorità americana di Borsa, Securities and Exchange Commission (SEC), ha comunicato venerdì dopo la chiusura dei mercati che avrebbe esaminato tutti i problemi segnalati.

 

Alcune questioni sono, invece, attribuibili direttamente a Facebook che, alcuni giorni prima dell’Ipo, ha modificato le previsioni di bilancio, durante il roadshow con gli investitori, un fatto raro che turba.

Questo spiegherebbe, almeno in parte, il perché di questo debutto soft e la strategia di Morgan Stanley che ha agito da sola, nonostante i 32 sottoscrittori dell’Ipo. La banca ha preferito portare avanti le operazioni in modo molto riservato, escludendo gli altri, compresi i suoi vecchi rivali Goldman Sachs e JPMorgan Chase.

Sempre secondo alcune indiscrezioni, proprio queste avrebbero lamentato d’essere rimaste insoddisfatte da questa operazione condotta da Morgan Stanley, dalla quale hanno ricevute informazioni molto limitate. Lamentele tuttavia non confermate dalle due banche.

 

Altro elemento che inquieta fortemente è che mentre Morgan Stanley si occupava di gestire l’attesissimo debutto in Borsa di Facebook, dall’altra i suoi analisti esprimevano dubbi sulle prospettive di crescita degli utili della stessa azienda. Il dettaglio emerge dai documenti presentati dalla banca alla vigilia della quotazione, proprio mentre era in corso il roadshow.

 

La commissione di Morgan Stanley dovrebbe sfiorare i 67 milioni di dollari, molto di più della parte riservata a JPMorgan e Goldman insieme, stando ai documenti ufficiali consegnati alla SEC.

Cosa ancora più importante, Morgan Stanely è l’unica banca ha tenere i rapporti con gli investitori e a custodire gli ordini d’acquisto. Cosa che avviene molto raramente in un Ipo.

Solitamente le banche si dividono, infatti, in modo equilibrato tutto il lavoro.

Quasi tutte le banche coinvolte nel processo di quotazione sono state mantenute all’oscuro su alcune questioni fondamentali come il cambio di range del prezzo e l’esatta dimensione dell’immissione sul mercato, tant’è che un banca ha definito l’operazione ‘Morgan Stanley Show’.

Altro elemento strano: il roadshow è durato solo 9 giorni invece che i tradizionali 12 e il quale il Ceo e fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, durante questi incontri, è stato trattato più come una rockstar che come un capo. Molti hanno lamentato anche in questo caso disguidi e disorganizzazione.