Smartphone: successo paragonabile solo a quello della Tv. Ma gli operatori pagano a caro prezzo il boom

di Alessandra Talarico |

La Tv non ha provocato uno tsunami come quello che gli smartphone hanno creato nell’industria mobile, sconvolgendo gli equilibri di un settore che ora è alle prese con la saturazione delle reti e la necessità di rivedere le regole per sanare gli squilibri

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Fino a poco tempo fa, l’azienda di maggior valore del pianeta era la società petrolifera Esso. Ma nel giro di qualche anno, dopo l’avvento degli smartphone, Apple è salita sul primo gradino del podio. Gli smartphone e i ‘nuovi arrivati’ tablet sono ora l’oggetto del desiderio dei giovanissimi, che li preferiscono addirittura all’automobile, identificando nel viaggio ‘virtuale’ abilitato da questi gadget quel senso di libertà ed emancipazione un tempo incarnato dalle due o dalle quattro ruote.

Una trasformazione epocale, che fa degli smartphone gli oggetti tecnologici a più veloce diffusione della storia. Ne sanno qualcosa, ad esempio, Nokia e RIM: la società finlandese e quella canadese, un tempo pioniere la prima nel mercato dei cellulari, la seconda in quello dei telefonini ‘intelligenti’, hanno pagato a caro prezzo il loro ritardo nello sviluppo di prodotti innovativi in questo segmento e si trovano ora in forte difficoltà.

Così come si trovano in difficoltà molti operatori telefonici che, soprattutto negli Usa, rischiano di vedere le loro reti soccombere all’impennata del traffico dati generato dagli smartphone.

 

Secondo il sito Technology Review, la rete fissa ha raggiunto il livello di saturazione, negli Usa, circa un secolo dopo l’arrivo del telefono, nel 1876.

I telefonini hanno raggiunto la saturazione dopo circa 20 anni dalla loro comparsa sul mercato, gli smartphone sono sulla buona strada per dimezzare questo record e i tablet potrebbero muoversi ancora più rapidamente, fissando nuovi record in termini di saturazione del mercato.

 

Technology Review fa risalire la comparsa del primo smartphone sul mercato americano al 1993, quando Bellsouth lanciò IBM Simon. Ma l’era dello smartphone comincia veramente nel 2002, quando i già esistenti PDA (Personal Digital Assistant) integrarono anche la possibilità di telefonare. Quell’anno, RIM presentò il suo primo BlackBerry con funzioni telefoniche, Handspring lanciò la linea Treo con sistema operativo Palm e Microsoft presentò il suo Pocket PC Phone Edition. Il 2002 è anche l’anno in cui esplose la tecnologia GPRS per la trasmissione dati.

Quattro anni dopo, alla fine del 2006, poco prima dell’arrivo del primo iPhone Apple, gli smartphone rappresentavano appena il 6% delle vendite di cellulari negli Usa (715 mila le unità vendute complessivamente).

Fino ad allora, gli smartphone si stavano diffondendo a una velocità non di molto superiore a quella conosciuta dai Pc nei decenni precedenti.

Ma, dall’arrivo dell’iPhone tutto è cambiato: nonostante un prezzo di partenza di 399 dollari, nel primo trimestre di vendite ne vennero venduti 1,12 milioni, portando all’11% la quota di smartphone sul totale delle vendite di cellulari negli Usa.

Secondo gli ultimi dati Nielsen, gli smartphone rappresentano attualmente i due terzi dei dispositivi mobili venduti oltreoceano: il 50% degli utenti mobili americani – pari al 40% della popolazione totale – usa uno smartphone.

Per fare un confronto, il telefono fisso ha impiegato 45 anni per arrivare a una penetrazione del 50% delle famiglie americane e i telefonini ci hanno messo 7 anni per raggiungere la metà degli utenti Usa.

Gli smartphone, nonostante la recessione, sono passati dal 5% al 40% in 4 anni. L’unica tecnologia che può vantare simili livelli di crescita è stata la televisione, tra il 1950 e il 1953.

 

La Tv, tuttavia, non ha provocato uno tsunami nell’industria come quello che gli smartphone hanno creato nella telefonia mobile, sconvolgendo gli equilibri di un settore che ora è alle prese con un bel problema: la saturazione delle reti, sovraccaricate dal traffico generato da questi dispositivi.

In Europa, dove le telco sono chiamate ai pesanti investimenti necessari per raggiungere i target fissati dall’Agenda digitale, è in corso una forte contrapposizione tra gli operatori e i fornitori di contenuti (i famigerati OTT), con i primi ad accusare i secondi di prendersi tutti i guadagni senza contribuire alle spese per le reti e i secondi a ribattere che senza i loro servizi le telco non avrebbero nessun ricavo dalla banda larga mobile.

 

Sullo sfondo, la necessità di rivedere il quadro regolamentare di un settore attualmente contraddistinto da forti squilibri – telco e OTT non sono soggetti ai medesimi obblighi fiscali e legali e questo genera una profonda distorsione del mercato – e regolato da norme risalenti al 1988, quando né i cellulari né internet esistevano come li conosciamo oggi.