WSIS: vince lo status quo. Magro il bilancio del secondo summit mondiale sulla società dell’informazione

di Alessandra Talarico |

Mondo


Ben Ali

Nonostante le speranze da tutti riposte nel summit mondiale per la società dell’informazione, chiusosi venerdì, il bilancio del secondo WSIS è stato molto magro.

Al di là della presentazione del Pc da 100 dollari per i bambini dei paesi poveri, il summit non ha, infatti, prodotto grandi cose: la questione della governance di Internet si è risolta con la vittoria del partito dello status quo, e quella della libertà di espressione è stata relegata ai margini, nonostante le proteste per il trattamento riservato alle ONG e agli eventi da queste organizzati come contorno al summit .

 

In chiusura, i partecipanti hanno adottato un’Agenda per la società dell’informazione che approfondisce la strategia adottata dalla comunità internazionale per riassorbire la frattura digitale tra il nord e il sud del mondo.

Ma il mondo cosiddetto sviluppato, presente al summit non certo col suo gotha ma con una schiera di viceministri e sottosegretari, ha rifiutato di legarsi le mani con un contributo obbligatorio al Fondo di solidarietà digitale, voluto dai paesi africani e che ad ora ha raccolto circa 8 milioni di euro.

Il testo finale si limita semplicemente a congratularsi per la creazione di un dispositivo puramente facoltativo.

 

Il fondo dovrebbe permettere ai paesi più poveri di dotarsi di infrastrutture digitali a costi contenuti e così, il Senegal, che ne è stato promotore, si è impegnato a ordinare migliaia di Pc a 100 dollari, per sostenere l’alfabetizzazione dei bambini del paese.

 

L’assenza dei ‘grandi dirigenti’ dei paesi industrializzati è stata stigmatizzata dal presidente dell’ITU Yoshio Utsumi, come una “limitata comprensione della questione digital divide”, che di fatto era la base del Summit, il cui slogan avrebbe dovuto essere “dalle parole ai fatti”.

 

In concreto, invece, si sono prodotte ancora più belle parole, mentre i fatti sono rimasti schiacciati dalle polemiche sulla governance di Internet, anch’essa conclusa con un ‘nulla di fatto’.

 

Anche lo svizzero Walter Fust – presidente del consiglio di direzione della rete “Global Knowledge Partnership” per l’impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nello sviluppo – ha sottolineato la mancanza di un concreto impegno finanziario dei paesi sviluppati.

“Ho l’impressione che il settore privato sia molto più sensibile circa la possibilità di far progredire l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei paesi poveri rispetto ad alcuni ministeri”, ha dichiarato Fust.

 

Per il resto, tutto si è risolto prima ancora dell’inizio del Summit. I diplomatici sono giunti a un accordo sulla governance da cui gli Usa sono usciti unici grandi vincitori: la gestione tecnica della rete e del sistema di assegnazione dei nomi di dominio resta nelle mani dell’Icann, organismo internazionale privato sotto il controllo del ministero americano del Commercio.

 

La maggior parte degli altri paesi, che chiedevano un’internazionalizzazione della gestione, non hanno ottenuto che un contentino: la creazione di un Forum internazionale per la gestione di Internet (IGF) che avrà il compito di gestire aspetti sì importanti ma del tutto marginale, come lo spam e la cybercriminalità.

 

La prima uscita ufficiale del Forum è prevista per il 2006, sotto il patrocinio del segretario generale dell’Onu Kofi Annan, ma già sorgono i primi contrasti tra gli organismi che ne rivendicano la sua organizzazione: tra questi l’ITU, organismo Onu, e  l’Internet Society (Isoc), organizzazione non-profit diretta dai pionieri Internet americani e europei.

 

La seconda edizione del WSIS, inoltre, è stata caratterizzata dalle polemiche relative agli attentati alla libertà di espressione in diversi paesi, tra cui la Tunisia, che lo ha ospitato.

Diversi giornalisti hanno denunciato violenze da parte della polizia tunisina, mentre Robert Ménard, segretario generale di Reporters sans frontières, è stato dichiarato persona non grata nel paese ed è stato bloccato all’aeroporto di Tunisi.

Qualche giorno prima dell’apertura del Summit, Ménard aveva denunciato l’illegittimità della Tunisia a ospitare un avvenimento di tale portata, alla luce della forte repressione delle libertà civili che il governo impone.

 

Su questo punto, i discorsi ufficiali nel corso del WSIS, sono rimasti molto ‘diplomatici’: Kofi Annan ha ricordato che “non è possibile una società dell’informazione senza libertà”, ma è mancata una ferma condanna ai metodi del regime tunisino.

 

Solo gli Usa, attraverso un comunicato affidato alla loro delegazione, hanno espresso il loro dissenso a questa situazione: “Siamo obbligati a esprimere la nostra contrarietà, poiché il governo tunisino non ha approfittato di quest’importante opportunità per dimostrare il suo impegno verso la libertà di espressione e associazione in Tunisia”.

“I progressi considerevoli compiuti in Tunisia in campo economico e sociale dovrebbero ugualmente tradursi sul piano delle riforme politiche e del rispetto dei diritti umani”, si legge nella nota.

 

 

 

Per ulteriori approfondimenti, leggi:

 

Dal WSIS i primi risultati concreti del fondo di solidarietà e la denuncia contro la censura del premio Nobel per la Pace

WSIS: presentato il primo prototipo del Pc da 100 dollari per informatizzare i bambini più poveri

 

WSIS: risolta l’empasse sulla governance, parte tra le polemiche il Summit di Tunisi