L'intervista

2021, F. De Leo: “Un nuovo anno con enormi risorse e grandi opportunità. Non sprechiamole”

a cura di Raffaele Barberio |

Tutti dobbiamo guardare a un futuro migliore, centrato sull’innovazione e sull’economia circolare. È alla nostra portata e realizzarlo è solo questione di responsabilità, trasparenza e coerenza senza lasciarsi trascinare a fondo da una visione datata di un “piccolo mondo antico” che non tornerà più.

Key4biz. Siamo appena entrati nel 2021, un anno che si preannuncia ancora difficile da decifrare? Quali sono le principali sfide che attendono i mercati?

Francesco De Leo. L’impatto del COVID è stato fondamentalmente quello di imprimere una forte accelerazione alla transizione digitale e ha contribuito a modificare profondamente i modelli di consumo e gli stili di vita delle persone (patterns of consumer behavior). Non credo che sia possibile o immaginabile tornare indietro. In parte era atteso, ma ha tutti gli effetti si è trattato di un “tectonic shift”, le cui implicazioni non sono ancora incorporate nelle aspettative degli investitori. È ancora presto per dire che direzione prenderanno i mercati, ma è chiaro che ci troveremo di fronte a livelli di volatilità crescenti. Il problema è che ad oggi, la formazione dei prezzi nei mercati finanziari è per quasi il 90% algo-trading: se non vengono incorporati negli algoritmi di trading nuovi fattori di rischio è possibile che si assisterà ad uno scostamento dai fondamentali in termini di economics, con correzioni di valore importanti.

Key4biz. Intanto qualcosa sembra poter modificare il rapporto tra investitori e governi, o sbaglio?

Francesco De Leo. La volatilità e la percezione dei rischi collegati alla transizione oggi in atto si tradurranno in un maggiore “attivismo” da parte degli investitori e un maggiore “interventismo” dei Governi nella gestione dell’economia. Questo è sempre stato un rapporto difficile, né semplice, né scontato nelle implicazioni. Gli investitori hanno una visione globale, europea, mentre l’evidenza dimostra che i governi nazionali tendono ad essere sempre più “inward oriented”, come è avvenuto nel caso dell’acquisto da parte del governo tedesco di 30 milioni di dosi di vaccino, fuori dagli accordi europei (senza che, peraltro, nessuno dei partner della UE ne sollevasse almeno un profilo di inopportunità). Il tema vero è che sono “orientamenti di fondo” differenti, difficilmente destinati a cambiare nel tempo. Ma dovranno necessariamente trovare il modo di co-esistere per centrare gli obiettivi del Recovery Fund (Next Generation EU). È quindi bene attendersi una dialettica più vivace che in passato nei rapporti fra pubblico e privato in materia di economia. Certamente, costituirà un elemento chiave di competizione fra sistemi paese, anche all’interno dell’Unione Europea: un nuovo paradigma che, in parte, richiede competenze nuove e credibilità nei confronti dei mercati. In un contesto post-COVID si riducono i margini di improvvisazione.

Key4biz. Quali sono, a suo modo di vedere, le conseguenze a breve termine a livello di mercati?

Francesco De Leo. In termini di tendenza è prevedibile che si confermerà l’accelerazione del cambiamento in atto, che lascia pochi spazi e margini di mediazione, e sarà baricentrato almeno su 6 aspetti.

Il primo riguarda un’ampia market-rotation da asset class mature a nuove asset class. Possiamo anticipare che gli investitori tenderanno ad uscire progressivamente da asset class mature, per concentrarsi nella creazione di nuove asset class, con profili di rischio più contenuti e maggiori margini di crescita e di apprezzamento in termini di capitalizzazione. La rotazione dalle telco tradizionali alle tower-co conferma questa linea di tendenza.

Il secondo attiene a un’attenzione maggiore alla percezione del rischio e alla qualità/composizione del debito sovrano e a livello corporate, con effetti negativi sulle nuove emissioni. L’eccesso di debito ha contribuito a creare un numero crescente di “zombie companies”, che a tendere non è sostenibile per le economie dell’eurozona. È per questo che l’evoluzione del 5G potrebbe rallentare di 2/3 anni.

Il terzo consiste in un re-assessment dei valori degli asset in ambito real-estate, con una correzione al ribasso, che contestualmente sarà accompagnata da un aumento dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche (NPL, non performing loans).

Il quinto determinerà un’accelerazione della convergenza fra energia, automotive e 5G, che passa attraverso l’emergere di nuovi campioni europei in ambito infrastrutturale.

Il quinto porterà una nuova fase del consolidamento a livello industriale e finanziario in Europa, in una prima fase all’interno dei confini nazionali e nella seconda metà dell’anno con un numero maggiore di operazioni cross-border, con un’attività di M&A (Mergers and Acquisitions) che ridisegnerà gli assetti di governo dei settori più maturi.

Il sesto, infine, porterà la nascita di campioni europei su scala continentale in ambito tecnologico con l’affermarsi di un numero crescente di “unicorns”.

Key4biz. Lei mantiene sempre un filo di ottimismo, eppure a tendenza sembra esprimere segnali poco rassicuranti…

Francesco De Leo. In realtà, c’è più di un segnale forte in senso contrario. È possibile che ci troviamo difronte ad un nuovo ciclo economico che può dischiudere una nuova stagione di innovazione, in grado di creare interi nuovi settori della nostra economia nei prossimi 20/30 anni. Come disse Henry Ford: “Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto: un cavallo più veloce”. Ed è proprio così anche oggi: ci troviamo come intrappolati fra passato e futuro, con il presente che non ci consente di percepire con chiarezza le sfide che dobbiamo affrontare. In una certa misura è anche naturale che sia così. Il COVID ha avuto un impatto psicologico importante anche sulla formazione delle aspettative dei mercati finanziari. Si ha come la sensazione diffusa che ci si trovi in una fase di stallo, di limbo: ma, in realtà, siamo vicini ad un “tipping point”, che non lascerà molti margini di recupero a chi rimarrà ancorato al passato. È chiaro che tutto dipende dalle scelte che si faranno e la determinazione con cui si porteranno fino in fondo.

Key4biz. Se guardiamo al 2021, quali sono le aree di maggiore interesse, che promettono di superare i venti di crisi dovuti al COVID?

Francesco De Leo. Ci sono 4 macro-aree di investimento dove la dinamica tecnologica ancora una volta farà la differenza e porterà ad un “unlocking” di valore senza precedenti.

Il 2021 si appresta ad essere l’anno di svolta per innanzitutto il fintech che si affermerà su scala continentale a livello europeo, con gli sviluppi legati al blockchain, alle criptovalute, alle neo-banche e alle piattaforme di mobile-payments.

Parallelamente si assisterà ad una progressiva accelerazione del processo di elettrificazione del settore automotive, con la transizione a modalità di “mobility as a service” (MaaS), che diverranno irreversibilmente dominanti nei contesti urbani/metropolitani

Vi è poi l’affermarsi di nuovi “pure-player” infrastrutturali, come le tower-companies, che hanno dimostrato di avere i requisiti per emergere come i veri catalyst dello sviluppo delle reti 5G, segnando la progressiva de-verticalizzazione del settore telco (non differentemente da quanto si registrò negli Anni ’90 nel mondo dell’ICT con l’avvento del PC).

Infine, si affermerà la centralità di una prospettiva di economia circolare (circular economy), sulla base dell’agenda 2030 degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili (SDGs, Sustainable Development Goals), fissati dalle Nazioni Unite, come requisito fondamentale per raccogliere il favore degli investitori.

Key4biz. Sono quattro macro-aree rilevanti la cui affermazione cambierà le regole del gioco?

La criticità di fondo è che, nell’insieme, queste 4 sfide sono fra loro profondamente interconnesse e dalla loro interazione emergeranno vincitori e vinti, come peraltro avviene in tutte le fasi di transizione. È chiaro che rimanerne fuori, crogiolandosi in un passato che non tornerà più, rappresenta di per sé un rischio in termini di distruzione di valore che difficilmente gli investitori si sentiranno di tollerare a lungo. Può sembrare contro intuitivo per chi si trova relegato ai margini del cambiamento, ma essere alla frontiera dell’innovazione vuol dire avere oggi, agli occhi degli investitori, un profilo di rischio inferiore, rispetto agli incumbent tradizionali. E alla fine, anche questo ha il suo peso nelle scelte di asset allocation.

Key4biz. Crede che il Recovery Fund (Next Generation EU) possa costituire uno stimolo in più per i governi dei Paesi dell’eurozona?

Francesco De Leo. Non c’è dubbio che sia così. È un’occasione unica, che non si ripeterà. L’importante è che non si utilizzino i fondi del programma Next Generation EU solo per operazioni di maquillage dei conti pubblici o per sostenere soggetti privati in difficoltà in settori maturi, con scarse chance future di crescita, sostituendo di fatto il vecchio debito con nuovo debito, peraltro garantito dallo Stato. I mercati finanziari esprimono preoccupazione come anche a Bruxelles che gli interventi previsti dal Recovery Fund non siano a tutti gli effetti degli investimenti, ma un semplice travaso di debito da un contenitore ad un altro. E quindi dobbiamo attenderci che su questo aspetto, analisti e Commissione UE accenderanno un faro.

Key4biz. Nelle settimane passate lei si è espresso negativamente sul tema del debito sovrano e corporate, in particolare per i Paesi dell’area mediterranea. Secondo alcuni le sue preoccupazioni sono eccessive. Si sente di confermarle?

Francesco De Leo. Che ci sia un eccesso di debito in alcuni settori maturi delle nostre economie è fuori di dubbio. Non sono tanto preoccupato dello stock del debito complessivo, che può essere gestito, sterilizzandolo in parte o allungandone le scadenza. Più semplice forse a livello di debito sovrano che non a livello corporate, in settori che possono essere marginalizzati dai processi di innovazione accelerati dalla pandemia. Sono più preoccupato della qualità del debito e degli asset collaterali, ma sopratutto dell’impatto sull’ orientamento alla spesa degli attori chiave, che ne può emergere a medio termine.

Key4biz. In che senso?

Francesco De Leo. Non può sfuggire che l’eccesso di debito in settori maturi, come nel caso delle telecomunicazioni e dell’automotive in Europa, hanno indotto a un orientamento irreversibile di avversione al rischio da parte delle élite manageriali, che ha pesato sulle capacità di rinnovamento di questi settori e che ha contribuito alla loro progressiva arretratezza, proprio quando si rendeva più necessario abbracciare un nuovo paradigma di innovazione.

Nel caso del debito sovrano, la preoccupazione è esattamente all’opposto: il facile accesso al debito, determinato anche da tassi di rendimento prossimi allo zero o negativi, ha determinato un’eccessiva propensione alla spesa pubblica da parte dei governi nazionali, proprio nella fase in cui si doveva passare da una prospettiva di spesa ad una di investimento.

Sembra banale, ma così è successo sotto gli occhi di tutti, ancora una volta facendo emergere la contrapposizione fra le logiche del privato e quelle del pubblico. Da una parte, una irreversibile “risk aversion” da parte delle élite manageriali che ha compromesso, forse irrimediabilmente, le possibilità di rilancio di interi settori delle economie dell’eurozona, dall’altra un’eccessiva propensione alla spesa da parte dei governi nazionali, senza una disciplina finanziaria mirata al ritorno degli investimenti. È chiaro che in queste condizioni di contesto le preoccupazioni dei mercati, della BCE e di Bruxelles siano più che legittime e devono essere ascoltate. Diversamente si finisce in un angolo, e si comprenderà presto che la crescita tornerà ad essere una chimera e che al vecchio debito si è solo aggiunto nuovo debito: un macigno, che le generazioni future si troveranno prima o poi a dover pagare.

Non ci si può voltare dall’altra parte e fare finta di nulla. Ne va della coesione e convivenza fra differenti generazioni.

Key4biz. E allora verso cosa dovremmo guardare?

Francesco De Leo. Tutti dobbiamo guardare a un futuro migliore, centrato sull’innovazione e sull’economia circolare. È alla nostra portata e realizzarlo è solo questione di responsabilità, trasparenza e coerenza senza lasciarsi trascinare a fondo da una visione datata di un “piccolo mondo antico” che non tornerà più.  

La trasformazione attuale dell’economia ci insegna che ogni minuto perso non verrà recuperato. Una volta si diceva “tempus fugit”. Se c’è qualcosa che abbiamo tutti imparato a nostre spese nel corso di questa pandemia è che il futuro, il cambiamento non aspetta.

Quando arriva occorre sapersi adattare e occorre farlo rapidamente, pena l’estinzione.

Bisogna correre veloci, ma sapere e avere chiaro dove si vuole andare. Oggi si percepiscono ancora troppi tentennamenti ed incertezze, un immobilismo paralizzante. Forse, rispetto al passato, la sfida più importante è quella di riconoscere che, per via dell’interconnessione dell’economie su scala globale, i cambiamenti si materializzano in archi temporali sempre più brevi.

Siamo già nel futuro e non ci si può più nascondere.